Le spese pazze della sinistra

Pietro Mancini

A parole, tutti d’accordo con l’appello, rivolto, a Bari, da Giorgio Napolitano al Professore e ai capi dei partiti: «Basta con gli sprechi della politica, con gli incarichi, elettivi e non elettivi, retribuiti in modo ingiustificato!». Ma, in concreto, il governo, sinora, ha dato risposte del tutto deludenti. Il vice-ministro all’Economia, Visco (Ds), ha invitato due senatori del suo partito, Salvi e Villone, a ritirare un emendamento al Dpef, che sollecitava il pletorico esecutivo di Prodi (102 membri) a ridurre, nella Finanziaria, costi, sprechi e consulenze di nomina politica, a Roma e negli enti locali. Inoltre, Bertinotti e Marini hanno avallato l’unanime decisione della Camera e del Senato di aumentare i contributi ai gruppi parlamentari. E il governo ha posto la fiducia sull’articolo 39 bis del decreto Bersani, che prevede un nuovo aumento dei finanziamenti ai partiti. Insabbiata, invece, la proposta di Salvi, che chiedeva la pubblicazione su Internet di tutte le spese di qualsiasi amministrazione pubblica.
Senza una forte volontà politica, è molto difficile assestare dei colpi significativi a quella vera e propria armata di consulenti, portaborse, amministratori delle «società miste», tutte a carico del pubblico erario e delle tasse dei cittadini italiani. E, forse, il Capo dello Stato potrebbe far seguire ai suoi discorsi pubblici qualche intervento informale di «moral suasion» sui governatori più «spendaccioni». A cominciare da quello della Puglia, il comunista duro e puro Niki Vendola, che nel 2005, appena eletto, guidò una faraonica trasferta negli Stati Uniti, in cui perfino un esperto cuoco fu imbarcato per preparare le tradizionali orecchiette baresi.
E un collega di Vendola, il veltroniano Marrazzo, governatore del Lazio, in questi giorni è in Cina, al seguito di Prodi. Solo? Neanche per sogno! Si è fatto accompagnare da 50 persone: tre assessori, tra cui quella alla Scuola, la rutelliana, ex dc, Silvia Costa, un presidente di commissione e uno stuolo di consulenti: quello scientifico, la sinologa, il capo delle relazioni esterne, il vice-capo dell’ufficio-stampa, l’addetto stampa personale dell’assessora Costa e un folto manipolo di direttori e responsabili di agenzie regionali, in primis il manager Giancarlo Elia Valori, e i rappresentanti di ben 108 aziende del Lazio. E la «Campania felix»? Tranquilli, don Antonio Bassolino non ha privato i suoi collaboratori del viaggio a Canton, tanto paga mamma Regione: 37 persone, guidati dall’assessore alle Attività produttive, Andrea Cozzolino (DS), accompagnato da portaborse, esperti vari, membri dello staff e presidenti di svariati enti del sottogoverno partenopeo. Il diessino Vasco Errani ha provato a tirare un po’ la cinghia: si è imbarcato sull’aereo (per quasi tutti i big delle regioni, classe economica) con «solo» 16 rappresentanti, a vario titolo, della regione Emilia-Romagna.
Ma se, a Pechino, i pullman degli italiani sono affollatissimi, i consiglieri regionali rimasti in Italia non intendono affatto rinunciare a portare il loro contributo a questa ormai quasi irrefrenabile corsa agli sprechi. In Abruzzo, ad esempio, soldi a pioggia per tutti, grazie a una legge, la numero 49, scaturita da un accordo politico, che si rinnova dal 1999 e che consente di erogare ai membri dell’assemblea regionale oltre 100 mila euro. E, così, gli «Amici delle Fiat 500 di Teramo» hanno incassato 5 mila euro, gli «Amici del Ping Pong di Casalbordino» 2500 euro, mentre 5 mila euro sono stati incassati dall’«Associazione Pescara Bridge». 3500 euro sono arrivati a «Donne di Canistro» e «Donne Duemila», due associazioni femminili di Canistro, un paesino con soli 1043 abitanti e con meno di 600 donne registrate all’anagrafe. E, dunque, contenti e rimborsati i consiglieri abruzzesi, che curano i rispettivi orticelli elettorali, mentre battono, vanamente, cassa i tanti settori in crisi della regione.
Intanto, in Calabria, Agazio Loiero - dopo la clamorosa denuncia di Doris Lo Moro sugli sprechi nella Sanità (ma, in 18 mesi, non poteva proprio cambiar nulla?) - è alle prese con i famelici appetiti dei partiti e cespugli dell’Unione, che reclamano poltrone e strapuntini nella nuova giunta, dopo un’estate resa incandescente dalle inchieste giudiziarie, che hanno coinvolto alcuni dirigenti dei DS - non colpevoli, penalmente, sino al giudizio della Cassazione - rivelando fenomeni inquietanti di consociativismo affaristico e di familismo amorale. E il leader della Quercia calabra, don Nicola Adamo, si è così difeso, davanti ai compagni: «Certo, non posso negarlo: dopo 30 anni di attività politica, la mia famiglia è molto benestante...».
Ben vengano, dunque, i richiami di Napolitano, che ama definirsi il più meridionalista della storia del Quirinale. Ma speriamo che non cadano nel vuoto, nell’indifferenza e nel fastidio dei partiti.

E che non contrastino, clamorosamente, con l’attività del governo, che non perde occasione per occupare le poltrone, ormai poche, rimaste libere: da quelle più ambite della Rai e delle Ferrovie sino alla direzione generale dell’«Associazione Scacco Matto» di Tagliacozzo.

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