Difficile l'iter sui nostri palcoscenici della più bella favola teatrale concepita, scritta, rappresentata in tutta Europa nel corso dei due secoli scorsi. Auspice un autore come Oscar Wilde che, con L'importanza di chiamarsi Ernesto, siglò in modo irrefutabile la sua candidatura a maggior umorista del teatro tout court. Peccato solo che, da cinquant'anni a questa parte, il Belpaese, con la lodevole eccezione di un capocomico spiritoso e sagace come Geppy Gleijeses che anni fa ne varò un'edizione princeps (che oggi per fortuna ci ripresenta con un nuovo bellissimo cast) abbia sempre considerato il capolavoro di Wilde un testo datatissimo, adatto perlopiù agli onesti sforzi della scena amatoriale.
Ma ora basta coi rimpianti e godiamoci invece l'allegro gioco a rimpiattino degli scioperati contendenti di questa farsa con brio in cui, a parte Gleijeses cresciuto di dieci spanne come effervescente dinamico capocomico, siamo deliziati dalla presenza di tre dame di qualità. Ovvero in primis con la Lady Bracknell elevata all'umor nero della straordinaria Lucia Poli, con la deliziosa fidanzatina di Ernesto di nome Lucia Contadino.
L'importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde. Regista e interprete Geppy Gleijeses, con Marianella Bargilli, Lucia Poli e Valeria Contadino. A Firenze dall'1 al 6 aprile e poi in tournée.
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