Bisignani, il complottismo è fuori moda

Luigi Bisignani
Luigi Bisignani

L'uomo dei misteri, l'uomo delle trame, il grande triangolatore. Luigi Bisignani non era mai andato in televisione per farsi intervistare accomodato sulla poltrona del burattinaio della prima e della seconda Repubblica, erede di Licio Gelli, sulla quale l'ha presentato Gianluigi Nuzzi nel corso di una delle sue inchieste (La7, mercoledì, ore 22,50). «P2, P3, P4: chi comanda in Italia?» era il titolo e il conduttore spingeva sull'acceleratore del complottismo, dei «poteri paralleli» e dei «governi ombra», scortato dagli scenari disegnati da Peter Gomez, dallo studioso dei poteri forti Alberto Statera, dall'antiberlusconismo di Ezio Mauro e del neo-procuratore di Palermo Roberto Scarpinato.

E dalle intercettazioni dei colloqui tra Dell'Utri e Carboni, tra Pasquale Lombardi e l'ex presidente della Consulta Cesare Mirabelli. Solo Belpietro smontava freddamente l'influenza della P3 e della P4. In studio, nonostante la copiosa trasudazione, Bisignani minimizzava sostenendo che se venissero intercettate le normali telefonate del conduttore qualcuno potrebbe costruirne chissà quali teoremi. Anche «l'uomo che sussurra ai potenti» però, pur muovendo qualche critica a Berlusconi, inciampava nell'enfasi chiamandolo ossequiosamente «il presidente Berlusconi».

Il vocabolo più usato da Nuzzi è stato invece «ragnatele». Il potere è qualcosa di occulto, di losco, di inaffidabile, di manovrato dalla massoneria e dai servizi segreti. Tutto vero, probabilmente. Ma il complottismo sembra passato di moda.

Twitter@MCaverzan

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