Da Mumford a Timberlake ritratto (tenue) dei suoni tra Greenwich e Kennedy

Produrre la colonna sonora di A proposito di Davis dei fratel­li Coen non sarà stato facile

Intanto non sarà stato facile per il meraviglioso T Bone Burnett produrre (con l'aiuto di Marcus Mumford di Mumford and Sons) la colonna sonora di A proposito di Davis (titolo originale Inside Llewyn Davis, edito da Nonesuch Records). C'era il rischio del confronto con le musiche di O'Brother, Where art thou? (curate da lui sempre i fratelli Coen), che nel 2001 seminarono il revival folk poi germogliato negli ultimi anni. E poi perché il folk speziato da politica e contestazioni è stato uno dei più vitali dell'intera musica del Novecento. Faticaccia. Però il risultato ha il proprio perché, corre su tre binari e porta a una sola conclusione. I binari sono quello transgenico di Justin Timberlake che piega la propria voce pop ai toni più soffusi e innaturali di Five hundred miles o The auld triangle. C'è quello modernizzatore, che corre sulla voce più grintosa di Marcus Mumford in Fare thee well (Dink's song). E c'è quello comprativo. In Green, green rocky road cantata da Dave Van Ronk, ossia dall'artista intorno al quale ruota il film, si riesce realmente a cogliere cosa fosse il folk. Ma è con la rarissima Farewell di Bob Dylan (incisa originariamente nelle sessioni di The Times They Are a-Changin) che si raggiunge il picco del disco, a dimostrazione che nella musica nulla è più autentico della contemporaneità. Dylan era presente, era a Greenwich, respirava quell'aria. Gli altri no. Perciò anche se il protagonista del film, il 34enne guatemalteco Oscar Isaac, canta in molti brani, non lascia il segno. E la divertente (e divertita) Please Mr. Kennedy, composta dai fratelli Cohen e altri, compreso Timberlake, paga lo scotto di esser fin troppo parodistica.

Insomma, negli anni Sessanta il folk era innervato da voci tenui, banjio, acustica, malinconia vitale e dolorosa. E la bella colonna sonora di A proposito di Davis ne ricorda la forza. Senza però andare avanti neanche di un centimetro.

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