Addio a Duncan, grande fotoreporter

I suoi scatti hanno raccontato la Guerra di Corea e la vita di Picasso

Un ufficiale americano in Corea, foto di David Douglas Duncan
Un ufficiale americano in Corea, foto di David Douglas Duncan

Gli occhi, gli sguardi, l'espressione dei volti più che il contesto. La guerra racchiusa in una postura del corpo, in una espressione, riflessa nelle pupille di un soldato. Questa era la cifra di molte delle fotografie di David Douglas Duncan, uno dei reporter di guerra più famosi del XX secolo. Douglas Duncan, che è morto l'altro ieri in Francia a 102 anni, ha lavorato in tutte le zone calde del mondo: Palestina, Grecia, Turchia, Vietnam, India, Egitto, Marocco e Afghanistan. Ma i suoi scatti più clamorosi restano quelli della guerra di Corea.

Nato a Kansas City il 23 gennaio 1916, Douglas Duncan si dedicò gli studi di archeologia e zoologia marina coltivando contemporaneamente la passione per la fotografia e la lingua spagnola. Scoppiata la Seconda guerra mondiale diventò reporter nel fronte Sud del Pacifico e i suoi lavori furono pubblicati sul National Geographic. Fu l'inizio di una carriera in gran parte trascorsa al servizio della rivista Life, sulle cui pagine le foto di questo maestro documentarono per decenni la sofferenza dei soldati al fronte.

Parallelamente e grazie anche a quei giovanili studi di spagnolo Douglas Duncan portò avanti anche un'altra geniale e gigantesca opera di documentazione. Seguendo i suggerimenti del suo maestro e mentore, il gigante della fotografia Robert Capa (1913-1954), nel 1956 Duncan si recò a Villa La Californie, la dimora francese di Pablo Picasso. Nacquero un'amicizia e un sodalizio che durarono fino al 1973, anno della morte del pittore spagnolo. Duncan scattò più di 25mila fotografie, ritraendo Picasso in ogni possibile situazione: mentre giocava con i suoi figli, durante una corrida... Ma soprattutto mentre lavorava alle sue opere. Fornendo così una testimonianza irripetibile della vita dell'artista.

Nel frattempo Douglas Duncan era già

diventato un mostro sacro della macchina fotografica: nel 1971 fu il primo fotografo ad esporre con una mostra personale nel Whitney Museum of American Art di New York, dopo aver ricevuto nel 1967 la medaglia d'oro «Robert Capa».

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