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Agli Oscar, il nero King contro il cecchino bianco

Diritti civili o sicurezza? I due film dividono l'opinione pubblica Usa

Agli Oscar, il nero King contro il cecchino bianco

Una donna nera, semisconosciuta, contro un uomo bianco, che è un'icona intoccabile, e contro tutti gli uomini bianchi, vecchi e conservatori dell'Academy Award. Un uomo bianco, cecchino infame per i liberal americani, eroe per gli altri, che da solo impallina cento e cento musulmani col suo fucile letale, contro uno specchiato eroe dei neri, pure Premio Nobel per la Pace, che guida un movimento d'opinione con una crociata morale. È tutta qui l'implacabile corsa per l'Oscar, che contrappone, in un testa a testa ideologico forzato ma visibile nell'opinione pubblica, Selma. La strada della libertà (dal 12 febbraio con Notorius) della regista, scrittrice e produttrice Ava DuVernay, beniamina del cinema indie, e American Sniper di Clint Eastwood. Vale a dire Martin Luther King, il «Gandhi americano» protagonista del drammatico film della DuVernay, versus Chris Kyle, il tiratore scelto USA, interpretato da Bradley Cooper: un corpo a corpo che forse leverà la statuetta a entrambi i titoli, facendo godere un terzo titolo, meno «scomodo». I due film comunque hanno aperto un dibattito politico ed estetico ormai entrato nelle case statunitensi. In Selma , nome della cittadina dell'Alabama dove, nella primavera del 1965, il reverendo King tentò di portare a termine una marcia pacifica fino a Montgomery, al fine d'ottenere il diritto di voto per i negri - nel film, «negro» e non diversamente, si chiamano tra loro i pacifisti di colore -, concesso agli afroamericani nel 1870, ma ostacolato con test astrusi, emerge la persona di Martin Luther King, morto a 39 anni, qui interpretato da David Oyelowo, in lizza per l'Oscar come miglior attore. Né si tratta d'un santino, ma d'un uomo in carne e ossa, visto nel suo privato: i dissidi con la moglie Coretta, che teme per la vita dei figli, minacciati dall'FBI di Edgar J.Hoover, che proprio Clint ci ha fatto conoscere in un biopic memorabile; i contrasti con Malcolm X, estremista che in lui vede «un moderno zio Tom», morbido con Washington; quindi le incertezze di chi telefona, di notte, alla cantante Mahalia Jackson «per sentire la voce di Dio» e farsi cantare un gospel. E poi c'è lei, Oprah Winfrey, simbolo del nero che vince: la potente anchor woman , qui è produttrice (con Brad Pitt), ma soprattutto la seguace di King che prende più botte di tutti. Un'eroina buttata a terra dai poliziotti bianchi. Magnifica quando va per registrarsi al voto e indovina il numero dei giudici costituzionali in Alabama, dovendo superare il test, ma poi ne ignora i 67 nomi, mentre l'esaminatore ha un trionfo sadico. «Denied»: scheda di voto annullata. La foto di lei inerme, manganellata mentre dimostra, finirà sul Washington Post : guai in vista per il presidente Lyndon Johnson (Tom Wilkinson), lesto a inviare truppe in Vietnam, a difendere la libertà, ma restìo a mandare l'esercito in Alabama, a garantire tutti i cittadini. Qui emerge l'abilità del comunicatore dottor King: mai più negri assassinati al buio, ma manifestazioni alla luce del sole, con telecamere accese sui diritti civili dei neri e Joan Baez a sfilare insieme ai preti bianchi. Nessun film importante s'era concentrato sulla vita del carismatico dottor King e sul sogno del diritto al voto, punto dolente delle battaglie per i diritti civili: punto a favore della DuVernay.

«Selma sia!», scandisce il leader dei neri non-violenti, mentre il sangue bolle nelle vene dei suoi fratelli. L'ala sinistra dell'opinione pubblica odia i poliziotti bianchi che premono il grilletto e, mentre i fatti di Ferguson bruciano nella memoria, il cecchino di Clint, attaccato da Michael Moore («propaganda nazi») e da Seth Rogen, per quanto abbia fatto il pieno (6 nominations) e sia un fenomeno al box-office (oltre 90 milioni di dollari nel primo week end), rischia un Vietnam all'Oscar.

Il cecchino Chris Kyle, scrive la femminista Lindy West sul Guardian , «come minimo era un razzista: provava piacere nell'uccidere gente di pelle scura». Il dibattito al vetriolo continua e le lobby muovono le loro pedine: nero contro bianco, Vietnam contro Iraq. Comunque, vada, i film stanno correndo.

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