Aveva ragione Sabrina Ferilli, preconizzando a Natale che presto ci saremmo ritrovati con le sale infarcite di cinema americano e basta. D’accordo, lei parlava pro domo sua, dovendo promuovere il cinepanettone di rito, roba fiacca e sconosciuta negli Usa, ma eccoci qua. È successo e le americanate vanno forte e trainano il fiaccume generale. American Pie. Ancora insieme nel week end ha superato The Avengers, in sala dal 25 aprile e da subito campione: 2 milioni d’incasso al primo giorno. Scontro tra kolossal, dunque, che ha visto il quarto capitolo della saga adolescenziale iniziata nel 1999 a suon di parolacce, grandeggiare sul campo nonostante la concorrenza spietata dei supereroi di The Avengers.
Quest’ultimo filmone americano, in effetti, da noi è stato distribuito in 644 sale, mentre quelli dell’eterna torta di mele potevano contare su 378 sale: quasi la metà di quelle toccate ai rivali. Tra l’altro, i superumani della Marvel hanno appena raggiunto un record nel mercato nordamericano, incassando 200 milioni di dollari nei primi tre giorni di uscita. Un dato tra i più alti di sempre. Va bene, i Vanzina sostengono che fa cafone guardare al box-office, ma tant’è: se un film avanza subito passi da gigante, la cineindustria si riprende un po’ ovunque. Così, in tre giorni, American Pie. Ancora insieme ha portato a casa 2.367.964 euro, con una media di 6.264 euro per sala. Niente male. Del resto, anche la media di The Avengers fa faville: 3.637 euro, considerando le relative sale e un calo fisiologico,dopo due settimane. Snocciolati i numeri, che cosa se ne deduce? Che saghe, appuntamenti e reunions, per dirla con gli yankees che hanno la fissa del vediamo-come-siamo-cambiati-ritroviamoci, restano un saldo ancoraggio, nelle tempeste della cineindustria, sballottata dalla crisi come ogni altra filiera dell’economia. Prendiamo i trentenni, per esempio, che negli anni Novanta apprezzavano i peti, i rutti e il sesso più o meno porcello, caro ai brufoluti di ogni latitudine, sempre alle prese col cimento genitale.
Questi eterni ragazzi sono corsi a vedere il nuovo episodio, diretto da John Hurwitz e Hayden Schlossberg, praticamente due esordienti assoluti del grande schermo. Intanto, per notare se Stifler faceva ancora ridere e se le volgarità di un tempo esercitavano ancora una presa. Per la cronaca, il duo Hurwitz&Schlossberg firma serie demenziali in tivù e allora, facile che gli adolescenti abbiano annusato nell’American Pie ora in sala la stessa irriverenza de I soliti idioti. Qui, però, il tema amarognolo sviluppato da un cast di semisconosciuti - eccezion fatta per Jason Biggs, Sean Williams e Mena Suvari, relativamente noti da noi - punta le sue carte sulla dolorosità e inutilità del rivedersi, a distanza di anni. Se ci si perde di vista, ci sarà un perché. Eppure, qualche critico Usa (come Katey Rich di Cinema Blend) ha addirittura stilato una lista delle «20 cose che puoi aver dimenticato su American Pie», tanto per scrivere un vademecum... La solita moda a stelle&strisce, che riguarda liste e classificazioni, in mancanza di meglio. Eppure Jim, Oz, Kevin e Stifler incarnano i tipici giovani, che partono dalla crostata di mele e arrivano all’angoscia esistenziale. In ogni caso, sia la Disney (The Avengers) sia la Universal (American Pie. Ancora insieme) in queste ore stappano lo champagne: il week end appena trascorso è stato proficuo per entrambe. Certo,la nostalgia può essere un brutto affare, per i trentenni: alla fine, i riuniti scoprono d’avere più nulla da dirsi, atteggiamenti camerateschi a parte. E questo quarto capitolo della saga è pure il secondo a non essere scritto da Adam Herz, apripista del genere comico-demenziale americano, insistito sui teen-agers e il loro college.
Ma la critica come ha reagito? Quella italiana non ama, in particolare, la saga petomane e quella americana ha deplorato soprattutto che i personaggi d’una volta non siano stati rispettati, nella loro antica e peculiare forma fisica. Il personaggio di Stifler, ora impersonato dal 34enne Sean William Scott, appare imbolsito e invecchiato, se paragonato al biondino atletico dei primi episodi. Certo, se Scott entra ed esce dai «rehab», forma fisica addio... E addio a quell’assatanamento sessuale che costituiva il tratto distintivo del personaggio, nei Novanta.
Anni che sembrano tornare di moda, tra remake, sequel e riproposizioni. Sarà perché il presente intimorisce che il pubblico premi due film diversi tra loro, ma con un denominatore comune: il ritorno alle origini. A quando in casa c’erano i fumetti, la mamma e una torta di mele.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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