Cultura e Spettacoli

"Anche a Monte Carlo metterò la musica davanti a qualsiasi cosa"

La cantante-manager dal 2023 guiderà l'Opéra del Principato. "Un programma vastissimo"

"Anche a Monte Carlo metterò la musica davanti a qualsiasi cosa"

Dal gennaio 2023, la cantante Cecilia Bartoli aggiungerà un ulteriore tassello alla sua carriera di manager, andando al timone dell'Opéra di Monte Carlo. Guiderà il gioiello firmato Garnier (stesso architetto dell'Opéra di Parigi), nel grembo del Casinò oltre che nella costellazione della Société des Bains de Mer che da un secolo e mezzo si occupa di lusso, divertimento e benessere. E anzitutto del Pil del Principato, considerato che l'ultimo fatturato della Société, pur ridimensionato dalla pandemia, era di mezzo miliardo.

Cecilia Bartoli è la cantante italiana più nota internazionalmente per via dell'ugola dotata e affinata dallo studio, per l'intelligente amministrazione di essa e di quanto vi ruota attorno, vedi il terzo mandato al Festival di Salisburgo e ora anche nel Principato di Monaco, area dove ogni metro quadro (costo: fra i 50 e 100mila euro) e minuto vale oro, dunque nulla si spreca e tutto si capitalizza. Fra gennaio e aprile, a Monte Carlo andranno in scena Alcina, Andrea Chénier, La traviata, Le nozze di Figaro, Il barbiere di Siviglia, L'Orfeo, quindi Stabat Mater di Rossini e un recital di Barenboim. Bartoli si conferma magnete di sponsor e di artisti fuoriclasse da ora in poi attratti nel Principato, in questo guazzabuglio di gemme belle époque incastonate in colate di cemento, fra ruggiti di Ferrari, Porsche, Aston Martin, lusso sfrontato e visi chirurgicamente rivisitati. L'Opéra, dove venerdì Bartoli ha presentato la stagione, è un'oasi d'eleganza.

Tanta carne al fuoco, considerato che la stagione successiva parte il 19 novembre e che quindi questo è giusto un capitolo.

«Da quel giorno si proseguirà senza sosta fino alla primavera del 2024. Fino ad ora l'attività veniva sospesa in mesi come dicembre che invece andremo a riempire di spettacoli».

A maggior ragione ora che il Principato è sempre più residenza fissa di espatriati di lusso, dalla Russia all'Ucraina. Quale pubblico aspettarsi?

«Monegaschi, italiani della costa ligure e francesi della Costa Azzurra, frequentatori del Principato. Ho però creato un cartellone con grandi stelle da diversi Paesi per attrarre spettatori da ovunque».

È il caso di Kaufmann, Jaroussky, Barenboim. E anche Domingo, ripudiato dai musicisti dell'Arena di Verona e di nuovo nella bufera per il suo esser libertino...

«Per la seconda questione dico: è mai stato processato? No. Quindi fino a prova contraria questa persona è innocente. Ciò che è accaduto a Verona mi stupisce, perché a Vienna, dove abbiamo cantato insieme in giugno, ha avuto un successo strepitoso. Forse all'Arena non era in forma, quel giorno. Ha ancora una voce incredibile, non smette di studiare, vuole fare cose, non si tira indietro alle prove. Continua ad avere una grande passione per questo mestiere. Chapeau».

Altra tegola sul tetto della lirica, la cancel culture che vorrebbe eliminare parole e situazioni scomode dai libretti. Che dire?

«Se entriamo in questo tunnel non ne usciamo più. È pericolosissimo. La storia ci deve insegnare a non ripetere certi errori. Ciò che è stato scritto da compositori e librettisti va rispettato. Se vogliamo comunicare altro, allora scriviamo nuove opere».

Sempre in tema di ultime tendenze della lirica: i politici vietano agli artisti russi e ucraini di esibirsi assieme. Un commento.

«Qualcuno ha detto che il problema non è Pukin ma Putin, e io sottoscrivo. Non mettiamo in mezzo l'arte in tutto questo. Non si risolve la situazione vietando agli artisti di lavorare assieme. Tra l'altro ho tanti colleghi russi con parenti ucraini e viceversa».

In ottobre sarà Alcina al Maggio di Firenze. C'è altra Italia?

«Non al momento. Non vedo l'ora di tornare ad essere Alcina, la maga..., nella produzione di Michieletto e con Les Musiciens du Prince, orchestra che porta il Principato nel mondo».

Andiamo oltre gli steccati. Le piacciono i Måneskin?

«Certo. Sono forti, bravi. Ne vado fiera anche perché sono di Roma come me. L'ambiente del pop è duro, c'è una pressione altissima, bisogna essere molto solidi per resistere. Tifo per loro».

Anche nella lirica non manca la pressione...

«Sì ma è diversa. Nel nostro mondo devi avere un alto grado di disciplina, senza questa non fai il mestiere. Ed è la disciplina che ti difende da certe situazioni. Per il bene della voce devi dormire otto ore, studiare, curare al massimo la salute. Non abbiamo microfoni e cantiamo in ambienti intimi, è impossibile camuffare. Ai giovani a inizio carriera dico sempre: .

Per entrare nell'Opéra bisogna passare dal Casinò. Che rapporti ha con il gioco?

«Nessuno e conto di non averne.

Vorrei evitare di dilapidare il patrimonio».

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