Ascolti record, ha già vinto la nostalgia (canaglia)

Sono i migliori anni della nostra vita a vincere la sfida contro il tempo che fugge

Ascolti record, ha già vinto la nostalgia (canaglia)

Nostalgia. Non altro. Un sentimento malinconico, accompagnato al rimpianto di un tempo smarrito ma non perduto. Questo è il festival, questo è Sanremo, che nella prima serata ha fatto registrare 11,4 milioni di spettatori (50,4 per cento di share). Il momento dell'evasione, legale e legalizzata, il nostro cinema paradiso che parte dal bianco e nero delle teche Rai, immagini maltrattate in qualche magazzino, passa attraverso Nilla Pizzi e Mina, Celentano e Nicola Di Bari, De Crescenzo e Zucchero, Battisti e Vasco. Beati gli ultimi perché saranno poi i primi, parola di San Remo.

Strano che nessuno abbia ancora pensato ad un album delle figurine festivaliere, la raccolta di nomi illustri e sconosciuti cantanti, apparsi e spariti nello spazio di una serata. Presumo che la collezione andrebbe a ruba e non tra i bimbi. Sanremo è, infatti, il Panini dei nostri ricordi, del c'eravamo anche noi. Quando, sempre nella cornice dell'antico colore televisivo e filmico, il bianco e il nero, è apparsa la voce, e, con lei, la figura di Tiziano Ferro ecco che l'incantesimo ha preso corpo, con l'innamoramento di Luigi Tenco che non aveva niente da fare e che ha, invece, riempito emotivamente quei minuti iniziali. Il passato mai remoto, sempre prossimo e poi presente. Gira e rigira sono i migliori anni della nostra vita a vincere la sfida contro il tempo che fugge. Dunque Tenco e poi il ricordo di Claudio Villa, e la scala con i suoi gradoni trappola, i fiori della Riviera, la prima fila delle belle gioie Rai, sempre lì, sempre privilegiati, è casa loro, è cosa loro. Anche la coppia venuta a vendere il loro ultimo prodotto cinematografico, la Cortellesi&Albanese, ha voluto cantare ma scivolando nella nostalgia, dunque i Jalisse e Ti lascerò di Anna Oxa e Fausto Leali, impossibile staccarsi dalla madre di tutte le feste radiotelevisive, appunto il festival. Il secolare Al Bano e il l'arbusto rapper, la preziosa Maria e l'inutile Diletta. Il tiro alla fune tra ieri e domani ha sempre lo stesso vincitore. La sigla dell'Eurovisione altro non è che «miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate» pronunziata da Nunzio Filogamo nel Sanremo del '52. L'euro è in piena crisi ma l'eurovisione resiste, resiste, resiste. Non è trombonismo, non è vecchiume, è il desiderio di rivedere, ogni tanto, le fotografie di famiglia, scattate con l'Hasselblad o la rivoluzionaria Polaroid. Ieri sera all'esclusivo album di collezione si è aggiunta la figurina di Dalida, rivista e ricelebrata in un biopic di grande successo in Francia, grazie all'interpretazione di Sveva Alviti. Dunque un altro suicidio da non dimenticare, legato proprio fortissimamente a quello di Tenco, un'altra figura del passato che ritorna, deve assolutamente ritornare ogni sera, fino a sabato, addirittura con una provocazione politica e scherzosa, come ha fatto Maurizio Crozza, fuggendo via dallo schermo, dopo aver suggerito e, forse, sognato il ritorno di Torino capitale d'Italia, avanti Savoia.

Se vogliamo che tutto rimanga come è bisogna che tutto cambi. Sanremo è Il Gattopardo, muta la maschera ma non il volto. Procede tra gli ascolti multimilionari e lo share che batte lo spread. Viva la Rai e viva l'Italia. O no?

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