Cultura e Spettacoli

"Da attore recito un ruolo. Da musicista voglio solo suonare il mio rock"

Uno dei divi "più pagati della tv" pubblica il terzo disco: "Cresciuto con Ac/Dc e The Band"

"Da attore recito un ruolo. Da musicista voglio solo suonare il mio rock"

Oplà, qui siamo davvero in un'altra dimensione, niente social, niente stories su Instagram al posto della musica. «Qui prima si suona e poi si fa il resto» Benvenuti nel rock folk di Kiefer Sutherland, «no scusi questo è puro american rock» spiega lui che parla da Los Angeles e, appunto, presenta il disco in arrivo dall'altra dimensione che si intitola Bloor street in omaggio a una celebre strada di Toronto dove è cresciuto: «È il posto dove ho dato il primo bacio e dove me le sono prese per la prima volta» spiega lui con la voce bella impostata perché è pure doppiatore, oltre che attore e anche ribelle visti gli arresti e le dipendenze. E i casi gossipari, tipo il matrimonio con Julia Roberts annullato nel 1991 tre giorni prima della cerimonia. Oppure la popolarità che gli ha dato questa semplice qualifica: nel 2009 è stato «l'attore televisivo più pagato del mondo» con oltre mezzo milione di dollari a puntata. Niente male, eh. Figlio d'arte del leggendario Donald, classe 1935 e Oscar alla carriera nel 2017, ora è soprattutto musicista con tre dischi all'attivo e un bel po' di concerti. Ma si è fatto conoscere assai bene come attore da Ragazzi perduti di Joel Schumacher a Young guns e I Tre moschettieri fino al ruolo di Jack Bauer nella premiatissima serie 24. In poche parole, ha l'imbarazzo della scelta.

Scusi, Kiefer Sutherland, lei si sente più attore o musicista?

«Qual è la differenza?».

In un caso si recita, nell'altro si suona.

«In realtà io cerco di essere sempre lo stesso. In entrambi i casi, mi calo in una storia. Entro nel ruolo. Nel personaggio. E questo è ciò che mi piace. Racconto storie. Se sono sul set, le recito. Se sono davanti a un microfono le canto».

Lei è super popolare ma il suo disco Bloor street è realmente un salto in una dimensione parallela.

«Forse fuori dal Nord America può davvero sembrare così. In realtà dalle mie parti questi sono sonorità legate alla tradizione e sempre presenti nell'immaginario collettivo».

Allora definiamo questo immaginario.

«Forse la prima canzone che ricordo è My Sharona degli Knack, poi sono cresciuto con Ac/Dc, Marvin Gaye, The Band, Aerosmith, Tom Petty, Van Halen».

In effetti da Two Stepping in time a Chasing the rain il suo disco fa immaginare Gli States della provincia e delle lunghe highways.

«Beh, credo che Jackson Browne e Bob Seger siano due punti di riferimento importanti».

Siamo lontanissimi da ciò che ascoltano i ragazzi oggi.

«Devo esserne contento?».

Oggi è musica liquida. C'è l'algoritmo.

«Il progresso».

Insomma, vince lo streaming (e l'orientamento) di Spotify.

«Può essere. Però mi sento di dire una cosa».

Prego.

«Quando in casa metto su la musica di Van Morrison o di The Band, i miei figli smettono di fare quello che stanno facendo ed iniziano ad ascoltare. Per me quella musica può essere importante e fascinosa perché era quella che ascoltavo quando ero giovane (compirà 56 anni a dicembre - ndr). Ma per loro? Loro manco c'erano quando gli Aerosmith sono esplosi negli stadi americani negli anni Settanta».

Loro ascolteranno hip hop.

«Anche quello. Ma a me importa fino a un certo punto. Io non sto facendo la gara con nessuno che sia popolare in radio in questo periodo. Non è proprio il mio match!».

E allora qual è il suo campionato?

«Portare sul palco le canzoni che abbiamo composto in studio».

Alla maniera delle grandi rockstar di una volta.

«Quando suoniamo dal vivo, ci sentiamo bene e cerchiamo di rendere il massimo ogni volta, sera dopo sera».

Però adesso con il Covid è molto più complicato suonare dal vivo.

«E dire che ho iniziato a comporre questo disco nei primi tempi del lockdown ed ero veramente ottimista. Perciò questo è un disco positivo, nonostante tutto ciò che tutti noi stiamo vivendo e stiamo attraversando nei nostri Paesi».

Keifer Sutherland, prima o poi dovrà decidere che cosa fare da grande?

«Ma perché? Faccio sia il musicista che l'attore. Anzi, se proprio devo dirglielo, a marzo inizierò un altro film».

E i concerti?

«Appena si può, senza dubbio tornerò sul palco con la mia band.

Dopotutto, per noi la vera vacanza è partire in tour e fare quaranta concerti di seguito».

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