Cultura e Spettacoli

"In Avengers sono super eroe anche se mi piace solo Asterix"

Nel film targato Marvel l'attore è «Doctor Strange» al fianco di Chris Evans e Robert Downey jr

"In Avengers sono super eroe anche se mi piace solo Asterix"

Ha una faccia da cinema davvero particolare, bucata da inquietanti occhi celesti un po' fissi. E anche per via del suo viso accattivante Benedict Cumberbatch, 41 anni e due figli avuti dalla moglie Sophie Hunter, è diventato la star delle serie recenti più famose, da Sherlock Holmes a Star Trek. Intanto, il suo nome circola intorno al 25esimo 007: potrebbe essere lui il successore di Daniel Craig, tanto più che, a riguardo, risponde «no comment!».

Al momento, però, troviamo l'attore inglese, beniamino delle ragazze, nel film sbanca-botteghino Avengers: Infinity War, appena uscito. Un blockbuster americano targato Marvel, che raduna una ventina di supereroi, incluso Captain America (Chris Evans) e Iron Man (Robert Downey Jr.): è il più grande raduno di super-eroi sul grande schermo. Dove Benedict impersona il Doctor Strange, versione psichedelica d'un maestro di magie nere, che irride Spazio e Tempo. Un personaggio creato nel 1963 da Steve Ditko, tra gli artisti più significativi dei fumetti Marvel. «Provo un senso di meraviglia per tutto ciò che va oltre l'umana comprensione. Esiste tutto un mondo bizzarro e insondabile e noi abbiamo soltanto cinque sensi!», scherza l'attore dagli zigomi alti, che confessa di non essere maniaco dei comics: da bambino leggeva Asterix. Certo, questo suo nuovo eroe non è tra i più famosi, però nel film dei fratelli Anthony e Joe Russo lui gli conferisce un tocco esoterico convincente, dirigendo il traffico tra portali che connettono i mondi.

Durante i Sessanta hippies, si cercavano vie spirituali, tra meditazione e Lsd. Nel mondo attuale, l'astrazione è più difficile. Come ha lavorato sul suo personaggio?

«Ho pensato ai momenti della mia vita, in cui ho affrontato cambiamenti decisivi, scendendo nel profondo della mia interiorità. Ho dovuto precipitarmi a Katmandu, per le riprese del film, due giorni dopo aver terminato il mio Amleto in teatro... Da bambino, tra l'altro, il Doctor Strange non mi era familiare. Mi ha aiutato l'incontro con il monaco buddhista vietnamita Thich Nhat Hanh, al quale ho prestato la mia voce nel docufilm Walk with Me. Guardare la sua quiete, ascoltare il suo silenzio, mi ha ispirato».

Che cosa ha pensato, quando l'hanno chiamata per impersonare il Mago Supremo Doctor Strange in questo filmone d'intrattenimento?

«Ero elettrizzato all'idea che avrei fatto parte di questa specie di nuova onda del capitolo Infinity, che combina insieme i vari tipi di Avengers. La prima cosa che ho chiesto è stata: che cosa rappresenta il Dottor Strange? Ero ancora più felice nell'apprendere che avrei duettato con Robert Downey Jr: due significati e due ego a confronto, in un testa a testa prezioso. Ma le nostre forti personalità hanno finito col collaborare. Personalmente, amo i film-popcorn».

Che cosa rappresenta, di fatto, il Dottor Strange?

«Lui è la persona più responsabile del gruppo dei vendicatori e, in precedenza, ha combattuto duramente contro se stesso per superare i propri egoismi. Qui è una sorta di elemento unificante, che cerca di unire le persone buone per combattere il Male. Come nella storia originaria, si trova sempre in situazioni estreme, ma rimane comunque un passo avanti».

Com'è stato lavorare con i fratelli Russo?

«Una gran soddisfazione. Sono così veloci! Mi sembrano quei maestri burattinai che muovono le loro marionette con sapienza, in tempi molto rapidi. E poi sono molto disinibiti: ti lasciano, in apparenza, briglia sciolta. Il massimo per me, che sono un attore inglese vecchio stile, uno che viene dai canoni tradizionali. E invece loro, buffi e brillanti, ti fanno sembrare tutto più facile e sciolto».

Lei ama Shakespeare e il teatro: al di là delle cifre offerte, qual è la sua idea del cinema globale, fatto di cinefumetti hollywoodiani che lasciano poco spazio al cinema d'autore?

«Il cinema può essere fruito in varie forme ed è interessante che il kolossal d'intrattenimento respiri accanto ai film indipendenti e d'autore: l'una cosa non necessariamente elimina l'altra. Al di là dei multiplex, esistono le piattaforme online e lo stesso pubblico mi sembra molto sfaccettato, ora. Un ventenne può godersi la sua serie tv preferita in streaming, un quarantenne come me si accomoda in poltrona e guarda la tivù o un film. Personalmente, mi piace passare dal teatro alla televisione, dal blockbuster al film piccolo.

Credo sia questo tipo di elasticità a salvare anche i media e non soltanto noi attori, dalla fossilizzazione».

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