Nella Londra di Sherlock Holmes c'è un detective che usa il cuore insieme al cervello

Nella Londra di Sherlock Holmes c'è un detective che usa il cuore insieme al cervello

Faceva troppo caldo per Londra. Le strade erano silenziose e tristi, l'aria era satura di un fetore di cibo andato a male. Le pompe erano rimaste a secco, i bimbi di strada elemosinavano bicchieri d'acqua e poi rubavano a chiunque fosse tanto garbato da aiutarli. Ovunque, cavalli decrepiti erano stesi a terra, ancora attaccati a carretti stracarichi di sterco e fieno e mattoni, con i loro occhi sconsolati che ti imploravano di far intervenire i macellatori.

Oh, fu proprio un'estate difficile. Non avevamo un caso per le mani da settimane e i soldi stavano finendo. Ma, quel giorno, Arrowood si convinse che la nostra sorte stava per cambiare: eravamo stati convocati presso una grande casa di Brixton dal colonnello Capaldi, a cui avevano rapito il figlio. La storia era sui giornali da una settimana.

Fu una lunga camminata. L'abito nero sfilacciato di Arrowood impiegò poco a impregnarsi di sudore e la sua faccia bitorzoluta a coprirsi di uno sfogo cutaneo dovuto al sole.

«Sia maledetto questo sole» disse con voce affaticata, senza fermarsi. Il suo stomaco brontolò. «Ho bisogno di mangiare, Barnett».

«Mangeremo dopo aver saputo se ci pagheranno, signore».

«Potrei svenire».

«Pensi ai soldi, signore».

Alla fine, giungemmo a destinazione. Era una villa di quattro piani in mattoni rossi ubicata in una rientranza rispetto alla strada, con tanto di vialetto privato di accesso per le carrozze. Una domestica venne ad aprirci e ci disse di attendere sulla porta. Qualche minuto dopo, il colonnello Capaldi apparve. Sfoggiava baffi folti dalle punte arricciate, una barbetta sotto il mento e un abito con giacca Norfolk.

«Temo di non aver più bisogno di voi, signor Arrowood» disse, alzando fin troppo la sua voce affettata.

Il capo si limitò a rivolgergli una breve occhiata.

«Ma abbiamo fatto tutta questa strada per venire fin qui da Waterloo» disse, finalmente.

«Vi ho mandato un messaggio, senza ragionare come avrei dovuto» disse il colonnello. «La vita di mio figlio è in pericolo. Io mi sono fatto prendere dal panico. Ma i miei consiglieri mi dicono che lei non ha l'esperienza per un incarico come questo».

«Ho risolto molti casi complicati come questo, colonnello».

«Il signor Arrowood è il miglior detective privato di Londra, signore» dissi io.

«È evidente che non è così» disse il colonnello. «Tutti sanno che il migliore di Londra è Sherlock Holmes».

Arrowood si inalberò. «Sono bravo come lui, colonnello. Lei deve aver sentito parlare degli omicidi di Catford, giusto?».

«No» disse il colonnello, scuotendo la testa. «Non credo».

«Della cospirazione dei fucili feniani?»

«Credevo che se ne fosse occupato il signor Holmes...»

«Me ne sono occupato io!»

«Stia a sentire, Arrowood. Holmes ha letto del mio caso sui giornali di questa mattina e si è presentato per offrirmi il suo aiuto. Solo uno sciocco rifiuterebbe l'offerta del miglior detective del mondo».

«Con il dovuto rispetto, signore, non è il miglior detective del mondo. Non fa altro che commettere errori. Mi permetta di...»

Ma il colonnello ci aveva già sbattuto la porta in faccia.

Arrowood si piegò sul gradino e vi si sedette, all'ombra, con la testa tra le mani. «Holmes sta forse cercando di rovinarmi, Barnett? È il primo caso che ci viene offerto da settimane a questa parte, finalmente la possibilità di una buona paga, e lui si intromette senza nemmeno essere stato invitato».

«Non è niente di personale» dissi. «Holmes non sa nemmeno che esiste».

«Certo che sa che esisto».

Non dissi nulla, non volendo contrariarlo ulteriormente. Per cinque minuti, rimase seduto dov'era a fissare le sontuose ville nuove sul lato opposto della strada, finché venne il domestico in livrea e ci disse di andarcene. Lo aiutai ad alzarsi in piedi e ci trascinammo nuovamente verso il fiume. C'era l'alta marea e i gabbiani erano in guerra, in picchiata sull'acqua bruna, con i loro stridii. Probabilmente, erano l'unica cosa davvero vivace nella calura di quel giorno.

Nel tentativo di sentirsi meglio, Arrowood tirò fuori le ultime monete che gli restavano e acquistò uno zampetto di pecora da una vecchia. Aveva già dato il primo morso quando un enorme gabbiano bianco si gettò in picchiata su di lui, sbattendo le ali furiosamente. Arrowood lanciò un grido di terrore mentre la bestia strepitante lo attaccava, lacerandogli le braccia con gli artigli, colpendolo in faccia con l'enorme becco. E, quasi con la stessa velocità con cui si presentò, sparì, alzandosi in aria con lo zampetto di pecora tra gli artigli.

«Dannazione!» gridò. Si guardò intorno, furibondo, dopodiché si chinò per sfilarsi uno stivale, che lanciò in aria. La malconcia calzatura di cuoio volò per qualche metro in direzione del gabbiano che si stava allontanando, poi cadde nel fiume marrone in piena e venne trasportata via.

«Si è preso la mia scarpa!» esplose Arrowood. «Si getti e cerchi di prenderla, Barnett!»

«Non so nuotare, signore».

Lui sbarrò gli occhi verso l'acqua densa e unta, con un'espressione tristissima. «Il mio zampetto» sussurrò.

Gli brontolò nuovamente lo stomaco. Posò lo sguardo sui suoi piedi: uno coperto da uno stivale, l'altro scalzo. Non indossava nemmeno le calze.

«Mi presti una scarpa. Le spiace, amico mio?» chiese. Aveva le guance coperte di graffi e insanguinate, le maniche della giacca imbrattate di cacca di uccello. «C'è guano ovunque».

Mi voltai e mi incamminai.

Quando, una ventina di minuti dopo, raggiungemmo il suo alloggio in Coin Street, trovammo l'avvocato Scrapes ad attenderci insieme a una donna tutta sudata e vestita interamente di nero.

«Ah, signor Arrowood» disse Scrapes, accigliandosi quando vide lo stato del mio padrone. «Le presento la signora McDonald. Suo marito è scomparso».

Il labbro della signora McDonald, ornato da un'escrescenza nera, si increspò.

«Ha mai svolto un incarico di questo tipo, signor Arrowood?» chiese, con sospetto.

«Molte volte, signora» disse il padrone, con un inchino. «La soddisfazione è garantita».

La osservai squadrarlo dall'alto in basso, scrutare la sua faccia coperta di graffi e di sangue, la sua camicia lacera e il guano che gli inzaccherava la giaccia. Confusa, i suoi occhi schizzarono avanti e indietro tra il suo piede nudo e lercio e il suo stivale.

«Il signor Arrowood è il miglior detective di Londra, signora» dissi infine.

Il mio padrone

prese una sedia. «Vedo che sono riuscito a ingannarla con il mio travestimento, signora McDonald. Sto lavorando sotto copertura. Allora, perché non si siede e non mi racconta cos'è successo?».

(Traduzione di Seba Pezzani)

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