Bandi e soprattutto bande dei premi letterari d'Italia

Ai blocchi di partenza tutti i riconoscimenti più o meno prestigiosi: ecco come districarsi

Bandi e soprattutto bande dei premi letterari d'Italia

L' Italia brulica di premi letterari. Vi sono ovunque poeti e romanzieri, filosofi e saggisti, editi, inediti, pubblicati in proprio, alcuni affermati, altri sedicenti, altri mitomani, e quasi tutti a loro dire incompresi. Tutti hanno una cosa in comune: credono di essere bravi, anzi i più bravi, e per averne certificazione ufficiale si iscrivono ai concorsi, da quelli più noti a quelli nascosti nelle pieghe più oscure della provincia.

Basta guardare su Internet: pullula di bandi, associazioni, giurie, competizioni. Ne ho identificate sessanta, in particolare grazie al sito www.concorsiletterari.it. Con un romanzo appena uscito, ho partecipato a 18. Spero che la mia esperienza sia utile a qualcuno. Lo so che siete in tanti, là fuori, a sognare.

Prima regola. O lo fa l'editore per voi (ma non lo fa quasi mai), o ci pensate da soli. Dovete iscrivervi. Perciò, per prima cosa, leggete il bando. Alcuni di questi bandi sono dei copia e incolla, dei modelli schematici che chiunque può riprodurre pedissequamente per fondare una propria manifestazione.

Secondo consiglio: state attenti a chi c'è dietro e provate a chiamare o a scrivere ai responsabili. Alcuni non risponderanno perché in pratica non esistono, sono fasulli, dietro non c'è niente. Sono pesca a strascico, fondati sull'ansia disperata di esistenza in vita di poetastri smaniosi e autori a pagamento. Fanno capo a minuscole associazioni culturali di Carneadi, basta buttare un occhio alla composizione della giuria: autoproclamati scrittori e poeti, ma anche poeti-scrittori, di nessuno dei quali si è mai sentito pronunciare il nome, perlomeno a livello nazionale. Evitate i premi i cui riferimenti fisici sono caselle postali o indirizzi che contengono recapiti come professoressa ***, via Vattelapesca, scala B.

Terzo suggerimento: attenzione nello spedire le copie richieste. Alcuni si accontentano del pdf, e vi risparmiano un sacco di fatica. Altri vogliono le copie cartacee, e se per il Viareggio ne basta una, il premio Dessì ne chiede 11 e il Campiello addirittura 20.

Quarto avvertimento: attenti alle Poste italiane. Mandare copie dei volumi attraverso la formula piego di libri, che in teoria dovrebbe favorire lo scambio culturale, è come buttarle direttamente nella differenziata. Se arrivano, arrivano dopo mesi, e non c'è alcuna tracciabilità, perciò zero garanzie. Chiamerete la segreteria del premio per chiedere conferma dell'avvenuto ricevimento e loro cascheranno dalle nuvole. Tocca spendere altri soldi in corrieri.

Quinto ammonimento: i costi. Con posta prioritaria, da 100 grammi a mezzo chilo (e se avete scritto un libro che pesa più di mezzo chilo dovreste porvi delle domande) si spendono 6.50 euro al pezzo. Se ne mandate diversi, meglio affidarsi a un corriere (io ho usato Mail Boxes) e ve la caverete con una ventina di euro in tutto.

Sesta questione, talvolta spinosa: le quote di partecipazione. Se un premio è gratuito dà maggiori garanzie di essere serio, per quanto ci siano premi seri che richiedono una quota (per esempio il Città di Como 20 euro). Detto pagamento può variare dai 10 euro del Concorso Alfieri di Asti, ai 30 del premio Grottammare o del premio Quasimodo, dai quali mi sono tenuto accuratamente alla larga. La maggior parte chiederanno la ricevuta del bonifico. Altri invitano a mettere le banconote in una busta.

Settimo: non osare. Inutile sprecare tempo in concorsi persi in partenza. A parte quelli esoterici come il Flaiano, il Mondello, il Napoli, i cui bandi si fanno desiderare come pietre preziose, ma a cui non si partecipa se non si è graditi a chi li gestisce, ce ne sono di puramente virtuali. Lo Strega, per esempio. Non si corre neppure, a meno di essere proposti da qualcuno della giuria, e siccome i giri di amicizie sono quelli, e il legame a doppio filo tra editori, autori, critici, giornalisti è quello, con reciprocità di favori e di sgarri, chi partecipa lo decidono loro. Chi vince lo decidono gli editori più ricchi, che se lo spartiscono a turno.

Ottavo. Controllate chi c'è in giuria. A parte gli sconosciuti di cui si è già detto, talvolta si trovano dei non-sconosciuti, o noti perlomeno agli addetti ai lavori. Se li avete mai incontrati o avete il loro recapito, chiamateli. Così, per un saluto. Io non l'ho fatto, ma forse ho sbagliato.

La nona dritta riguarda le risposte di avvenuta ricezione. Quasi nessuno darà segno di aver ricevuto il materiale, denaro e volumi. Sta alla volontà individuale verificarlo. E nessuno vi dirà che non siete in finale. E a volte neanche che lo siete, perciò rischiate di vincere senza saperlo.

Decimo, per quanto non mi riguardi direttamente. I premi di poesia. In un paese dove i poeti non si leggono nemmeno fra loro, essi abbondano come la gramigna in un campo di trifoglio. Sono un mondo a sé, di stampo amatoriale, riservato a personaggi che ne fanno un'ossessione, e non contano nulla.

Di seguito descrivo, a mo' di tipologia, tre esperienze dirette.

Premio vinto con denaro. Il 30 marzo vado a Castelfranco Veneto. Dal Premio Prunola (che prende il nome da un distillato di prugne selvatiche oggi non più molto conosciuto, ma in via di rilancio), mi hanno comunicato di essere fra i dieci finalisti. Non conosco nessuno, né gli organizzatori (Panda edizioni), né i concorrenti, né alcun abitante della città. La sera vado nel settecentesco, stupendo, Teatro Accademico. È pieno zeppo, ci sono le autorità, il notaio, la giuria, il gruppo musicale jazz e, al termine di una cerimonia di quattro ore, vinco. Casco dal pero. Pochi giorni dopo mi arriva il bonifico. Tutto senza trucchi, out of the blue, un'esperienza inedita.

Premio vinto con scultura. Il 23 maggio vinco anche il premio Città di Siena, sponsorizzato dalle edizioni Il Leccio. Un posto meraviglioso, la Sala degli specchi all'Accademia dei Rozzi, un mucchio di gente, anche lì tutti a me sconosciuti. Ho vinto una scultura in ferro e pietra. Subito dopo se ne sono andati tutti, compresi gli altri finalisti che mi hanno guardato in cagnesco, senza salutarmi. Rimasto solo in piazza del Campo, con la scultura in braccio, ho ripensato a un libro di Thomas Bernhard, I miei premi, in cui lui, vincitore, non viene riconosciuto neanche dagli organizzatori.

Premio perso miseramente. Si chiama Nero su bianco, patrocinato dal Comune di San Marco dei Cavoti (Benevento) e facente capo all'associazione intitolata a Mino De Blasio. Scadenza il 31 gennaio 2019. Tre copie da spedire alla signora Rosanna De Blasio, 20 euro per la sezione Opere edite, con bonifico o direttamente in una busta. Forse per mia incapacità, non riesco più ad avere informazioni. Mi perdo fra i siti web. Il centralino del Comune è fantasmatico. Mesi dopo telefono al dottor Silvano De Blasio, dentista, fratello della signora Rosanna.

Poco dopo mi richiamano dalla segreteria del premio. Ovviamente non ho vinto.

Alla fine penso che tanto vale autopubblicarsi, fondare un premio intitolato a se stessi e autoassegnarselo, così da avere il controllo su tutta la filiera.

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