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Al Bano apre lo show. Che (in)felicità la nostalgia canaglia

Il punto di forza dell'edizione targata Conti è anche il suo punto debole: il ritorno alla tradizione. Basterà a fare ascolti?

Al Bano apre lo show. Che (in)felicità la nostalgia canaglia

nostro inviato a Sanremo

Ma come sono nuove queste vecchie abitudini. Le due vallette con la terza “incomoda” (Rocio Muñoz Morales). Al Bano e Romina. I superospiti autorevoli (ieri annunciato per sabato anche il gigantesco Enrico Ruggeri), gli ospiti internazionali “young orientated”, ossia rivolti a un pubblico distante da quello fedele a Raiuno (come ad esempio nel 1983 i Saxon totalmente sconosciuti ai sanremesi doc), il glamour senza spigoli, quindi non offensivo. Da stasera, prima puntata della sessantacinquesima edizione, il Festival torna a fare il Festival vecchio stile e forse per questo sembra una novità. Anche ieri –conferenza stampa rituale– Carlo Conti ha parlato di un Sanremo “anti perturbazione”, forse involontaria presa di distanza da quello di Fazio che invitò, appunto, gli alternativi Perturbazione. E il direttore di Raiuno, Giancarlo Leone, scherzosamente ha invocato una polemica, quasi fosse un ingrediente fondamentale, chiedendo al sindaco Bianchieri per quale motivo non sia ancora stato aggiunto il nome dell'ultima vincitrice del Festival, Arisa, sulle mattonelle della via centrale. Una provocazione tanto per.

Ma tutto sembra anestetizzato, forse anche ad arte, quasi a creare il terreno giusto per la sorpresa. Tecnica Baudesca, autentico copyright dell'uomo che ha trasformato una gara di canzoni in uno spettacolo televisivo con tutti i crismi giusti al posto giusto. Non a caso Carlo Conti ieri ha chiesto un applauso in sala stampa per Pippo Baudo, manco fosse scomparso o in attesa di resurrezione. Casomai, è stata una sorta di passaggio del testimone: Conti è il nuovo Pippo Baudo, più fiorentino e meno siciliano, più battutaro e meno irruente ma comunque votato a questa gigantesca celebrazione dell'italianità che è il Festival. E lo conferma la centralità della musica, oggettivamente premiata anche dalla collocazione delle Nuove Proposte al posto di quello che l'anno scorso fu l'innocuo siparietto di Pif, cioè appena dopo il Tg1 delle 20. Oppure la line up degli ospiti, totalmente votata a compiacere in tv un pubblico anagraficamente medio alto (vedi Al Bano e Siani, senza dubbio uno dei comici del momento anche perché trascurato dall'elite radical) e a intercettare sul web e sui social, grazie ad artisti ultragiovani, un pubblico che altrimenti non finirebbe su Raiuno neanche per sbaglio. Ad aiutare Carlo Baudo c'è pure – fortuna o sfortuna chissà – l'assenza di pressioni politiche. L'anno scorso qui all'Ariston si respirava aria a cinque stelle e Beppe Grillo piombò davanti al teatro minacciando sfracelli ma riducendosi a fare un comizietto alla Peppone e Don Camillo. Due anni fa Sanremo arrivò giusto pochi giorni prima delle elezioni politiche e c'era più tensione che alla Nasa durante lo sbarco sulla Luna di Armstrong. Stavolta zero. Arriverà er Viperetta, vale a dire Massimo Ferrero proprietario della Sampdoria e praticamente il nuovo Er Monnezza: canterà, parlerà si spera a sproposito, scatenerà ilarità senza peso specifico e assai volatili ma divertenti. E arriverà Conchita Wurst, la donna barbuta vincitrice dell'Eurovision Song Contest, questa sì potenziale detonatore di polemiche come si deduce anche da forum e blog appositamente creati sul web. Carlo Conti le ha spente in tempo reale: «Chi vince il Festival va all'Eurovision e quindi abbiamo invitato il vincitore dell'ultima edizione qui all'Ariston: fossimo stati nel 1974 avremmo invitato gli Abba». Difatti manco la intervisterà. Un estintore nato. Come ha stoppato chi gli chiedeva della presenza di Tiziano Ferro, Antonio Conte (Ct della nazionale) e Gianna Nannini. Ospiti con questioni relative al fisco o alla giustizia sportiva: «Non sono polemiche che ci riguardano, la giustizia resta fuori dal Festival ».

Intervisterà invece Charlize Theron come Baudo intervistò Sharon Stone, «ma non balleremo insieme». Ospiterà Panariello, amico di sempre, ma non Pieraccioni «che non viene». Celebrerà gli artisti scomparsi da poco, Faletti, Mango, Pino Daniele. E omaggerà il vintage puro chiacchierando in scena con gli Spandau Ballet. Insomma, se non è il Sanremo della Restaurazione («Non c'è nulla da restaurare» dice lui) è quantomeno il Sanremo della Normalità ed è una scelta in controtendenza rispetto ai ritmi e alla spettacolare crudeltà di tanti altri show.

Dopotutto il pubblico della tv generalista, a questo giro, si aspetta dal Festival una boccata d'ossigeno. Vediamo se poi gli ascolti faranno lo stesso con i bilanci di Raiuno. L'obbiettivo di Giancarlo Leone è chiaro: «Io sarei felice di bissare gli ascolti dell'anno scorso. Per cui sarei felice dal 38% di share in su».

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