Basta etichette, godiamoci lo show

di Pedro ArmocidaOccorre iniziare con un «sono un fan della prima ora» e aggiungere un «basta!» grande come una casa. Ora che tutti, ma proprio tutti, si sono espressi sul fenomeno Checco Zalone quasi sempre positivamente (da Mariarosa Mancuso sul Foglio a Goffredo Fofi su Internazionale), a chi, come chi scrive, segue con affetto Luca Medici dalle sue prime apparizioni televisive di oltre dieci anni fa con Zelig non resta che invocare una fantasmatica primogenitura - c'è chi lo ha visto prima imitare Vendola a Telenorba! - per proteggersi da tanto commentare. Verrebbe voglia di dire «spostatevi e fatemi vedere il film» come faceva con perfida ironia Dino Risi nei confronti di Nanni Moretti. Perché come ti giri è tutto un Checco Zalone è di destra, no di sinistra, anzi è sicuramente un cattocomunista proprio come il suo sodale e fido autore e regista Gennaro Nunziante. Così ecco gli indignati speciali perché è andato a promuovere il film da Fabio Fazio e poi da Massimo Giletti (lasciando a bocca asciutta Mediaset che l'ha prodotto). Quo vado?, che ha superato per incassi Sole a catinelle che conservava il titolo di maggior incasso italiano, c'è chi lo ha visto come un film completamente renziano, anzi no è berlusconiano, poi si alza quell'altro che la sa sempre lunga e che urla che è entrambe le cose perché tanto sono uguali. Tutti a tirare per la giacchetta il più ricco «che cozzalone!» d'Italia (al tamarro attore e musicista pugliese va il dieci per cento degli incassi che hanno superato i 52 milioni) nel tentativo impossibile di cercare di spiegare un fenomeno che non ha eguali nella storia del cinema e dello spettacolo italiano. Tutti con la propria porzione di verità che, più che raccontare di Checco Zalone e di Gennaro Nunziante e del loro produttore Pietro Valsecchi, parla sempre e solo di loro stessi, un'autoreferenzialità da Oscar. Così di fronte a un film come Quo vado? in perfetta empatia con il sentimento odierno dell'italiano medio, ma mai in senso dispregiativo, si è cercato di incasellare Checco Zalone per piegarlo alle dinamiche dello spettacolo a cui siamo abituati. Che però con lui sono saltate tutte. Perché è unico.

Così il desiderio, e l'augurio anche per il futuro, è quello di cercare di godersi l'ora e mezzo di straordinario mestiere che Checco Zalone sa costruire con il corpo e le battute senza poi, all'uscita, farsi troppi film. Che ci rovinano il film.

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