«Quando leggo le interviste in cui certi colleghi sono bravissimi a trovare cento giustificazioni per la riuscita imperfetta di qualche loro programma, mi viene il nervoso». Ma resta invece calmissimo, Flavio Insinna, quando parla della riuscita imperfetta de La Corrida e de Il braccio e la mente. Ossia dei suoi due ultimi programmi Mediaset, il cui esito è parso meno brillante del previsto. E che spiegherebbe (insinuano i maligni) il perché del suo ritorno in Rai, alle 13 del sabato e della domenica, col talk-varietà radiofonico Per favore parlate al conducente.
«Intanto cominciamo col dire che io non torno alla Rai - precisa - e nemmeno sono venuto via da Mediaset. Sono allergico ai contratti in esclusiva. Dunque scelgo i programmi, non le emittenti; e per farlo non ho bisogno della dispensa papale».
Quindi niente recriminazioni per il mezzo passo falso del preserale Il braccio e la mente?
«Ripeto: potrei addurne mille, di giustificazioni. L'avvicinarsi del caldo, l'imminenza delle ferie, perfino i motivi insondabili per cui, talvolta, il pubblico non accetta un programma curato e studiato come il nostro. La verità è che tu ci sudi come un matto, dai il meglio di te stesso e alla fine qualcosa non funziona lo stesso. Può succedere».
Per La Corrida è stato più doloroso?
«Veramente, se dovessi giudicare dalle accoglienze della gente per strada, La Corrida dovrei definirla un successone. E non mi pare che la sua formula dia segni di stanchezza. Pur coi dovuti aggiustamenti funziona sempre; eccome, se funziona. Ma la produzione m'aveva chiesto di aspettare un po', prima di riprenderla; ed è stato proprio allora, che è nata l'idea del Braccio e la mente».
Dunque nessuna rottura con Mediaset? Neppure il rischio di un attrito?
«Quando qualcuno mi manda in onda io gli dico sempre grazie. M'ha dato visibilità, soldi, notorietà, a prescindere dai risultati. Se un rimpianto posso avere, è che nel caso La Corrida non venisse confermata, questo significherebbe mancanza di lavoro per duecento persone del cast, e guai per le loro famiglie. Ma io non ho nulla da rimproverarmi. Con la mano sinistra non direi nemmeno le barzellette a fine cena».
E ora una nuova sfida: il debutto alla radio.
«Già: la radio che ascoltavo da ragazzino. Chi avrebbe mai pensato che un giorno ci sarei finito dentro anch'io? La mitica radio di Gran Varietà, del Gambero, della Corrida (guarda caso); delle macchiette di Oreste Pennacchioni o di Menelao Strarompi! Erano anni che sognavo di fare la radio. Finché assieme a Falvio Mucciante, direttore di Radio Due, è nata l'idea di Per favore parlate al conducente».
Una citazione del suo tipico modo di schernirsi, «Non sono un conduttore; semmai un conducente»?
«Proprio così. L'idea è quella del viaggio. Con partenza da via Asiago imbarcheremo infatti su un metaforico pullmann quanti da casa vorranno percorrere assieme a noi - tramite mail, sms, chat - un'avventura d'andata e ritorno verso un tema specifico. Per questo, una volta tanto, l'invito è di rivolgere la parola al conducente. Cioè a me».
Una sorta di talk disimpegnato?
«Ma acuto. Magari riflessivo. Comunque rilassante. Cominceremo a trattare il ritorno dalle vacanze - aspettative, progetti e stress compresi - e proseguiremo coll'andata per eccellenza: la nascita alla vita, con tutto quello che di bello o imprevedibile comporta. Assieme a me in studio un pianista e una cantante, e il pubblico dei passeggeri, naturalmente. Nessun ospite, invece: vorremmo liberarci della fissa di dover per forza fare promozione a qualcuno.
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