Basta ascoltarlo parlare, Francesco Bianconi. La cadenza, le parole, i concetti sono quelli di un altro tempo. E anche lui, con i capelli lunghi e il barbone incolto, ricorda vagamente Iginio Ugo Tarchetti o comunque uno scrittore Sturm und Drang a metà tra Romanticismo e Goethe. È lui, con la sua voce baritonale e i temi disperatamente coraggiosi che inanella in questo disco, dalla temporalità crudele all'eternità sfuggente, a trainare i suoi Baustelle, sempre più protagonisti della musica italiana che magari non finisce in cima alle vendite ma resta comunque al centro della creatività.
«Dite che è un disco troppo cupo?», ha esordito lui l'altro giorno parlando in una saletta della Warner. Certo, viene da pensarlo: non solo il titolo - Fantasma - ma anche le canzoni (La morte (non esiste più), Nessuno muore, Primo principio di estinzione, L'estinzione della razza umana eccetera) non danno proprio l'idea di ottimismo. «E invece è un disco di speranza. E io credo di essere speranzoso nonostante sia un pessimista. In questo periodo i pessimisti sono stati trattati molto male forse perché erano concettualmente intollerabili dentro l'esagerato ottimismo degli ultimi anni.
In realtà il pessimista è uno che ha una spiccata capacità di analisi», spiega lui che, al netto delle contraddizioni (più o meno le solite: disdegna i talent show ma la vincitrice di XFactor Chiara Galiazzo canterà un suo brano al Festival di Sanremo), ha uno stile e una visuale totalmente personale e accattivante. Sarà per questo che c'è la fila di interpreti che gli chiedono testi di canzoni (Bruci la città di Irene Grandi era suo). E la critica musicale è, giustamente, dalla sua parte. In effetti questo disco, che oltretutto ha una copertina dedicata ai film horror degli anni '70 (con il volto e i capelli rossi di Nicoletta Elmi, protagonista anche di Profondo Rosso), è un viaggio impegnativo a bordo della musica d'autore italiana: «Non mi fermo a pensare che la mia musica (condivisa con Rachele Bastreghi e Claudio Brasini) sia troppo cupa: sarebbe un pensiero castrante.
Di certo ascoltare i Baustelle richiede un certo lavoro da parte di chi ascolta. Mai sottovalutare il pubblico: non è ignorante, al limite è disabituato a un certo tipo di canzoni». Se non altro perché le liriche sono impegnative. E, nel loro complesso, le canzoni sembrano più lieder (pianoforte e voce rivestiti dall'orchestra Film Harmony) che brani pop.
Alla fine, celebrando il loro sesto disco di una carriera decollata a Montepulciano nel 1996, i Baustelle confermano la loro cifra: grandi filologi della musica e coraggiosi utopisti. Oggidì è il tipo di musicista più raro in circolazione. Davvero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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