da Roma
Il ritorno dell'antidivo. Ecco la (apparente) contraddizione nel talento di Giorgio Tirabassi. Aver avuto il coraggio di mollare al top della popolarità il personaggio che ne aveva fatto un fenomeno tv (il commissario Ardenzi di Distretto di Polizia ) e l'intelligenza di riprenderlo dieci anni dopo, per Squadra Mobile . L'ottimo esordio conferma: il pubblico non ha dimenticato quel ruvido poliziotto.
Prima lo molla, poi lo riprende. Tirabassi: ora non diranno che lei s'è pentito?
«Ma no. Io e Ricky Memphis volevamo abbandonare Distretto di Polizia già alla quinta stagione. Arrivammo alla sesta per obblighi di contratto. Ma eravamo stressati: tredici puntate da fare in otto mesi, fino a dieci scene girate ogni giorno è una gran sfacchinata».
Però il successo vi ripagava...
«Enormemente. Anche troppo. Quando il personaggio di Memphis morì, il pubblico reagì come fosse stato un parente: gente che piangeva davvero, lettere ai giornali... Forse fu anche per sfuggire a un affetto così soffocante, che decidemmo di mollare».
In lei lo stile della persona somiglia a quello dell'attore. Poco appariscente, discreto…
«Non spasimo per rilasciare autografi, è vero. Anche se mi fa piacere. Non faccio vita mondana, e non patisco l'“astinenza da set”».
E oggi?
«Oggi, parlandone col produttore Pietro Valsecchi, ci siamo accorti che un personaggio come il commissario Ardenzi avrebbe portato in una serie nuova come Squadra Mobile un "vissuto" che nessun personaggio nuovo avrebbe mai avuto. E allora eccolo di nuovo qui».
Il mondo però, nel frattempo, è cambiato.
«E anche lui lo è. Ardenzi oggi ha 55 anni, come me. Come me ha maggiori consapevolezze, maggior senso della responsabilità. E anche i suoi fan di allora sono cresciuti. Oggi lo guarderanno come qualcuno che, come loro, ha vissuto le sue gioie le sue delusioni, e si porta tutto dietro».
Girando tanti polizieschi chissà quanti poliziotti veri avrà conosciuto...
«Fanno un lavoraccio che richiede qualità opposte, durezza e sensibilità. Senza che l'una intralci l'altra. Ecco perché l'action richiede buoni attori: perché lo spazio lasciato al sentimento è poco».
Una qualità del suo poliziotto è la leggerezza nel passare dal dramma alla commedia.
«Quando mi chiedono quale dei grandi attori italiani preferisca, tutti
stupiscono perché non cito mai Sordi, o Gassman, o Mastroianni. Ma Nino Manfredi. Secondo me lui è stato il più grande. Proprio per l'incredibile finezza con cui sapeva, impercettibilmente, trasformare la risata in lacrima».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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