Cultura e Spettacoli

C'è un'eroina a Berlino, e dalle macerie della guerra rende giustizia alla rinascita

Rike Thalheim, bella e tenace, è la protagonista di un romanzo a tinte nere e rosa

Una vita da ricostruire (Fazi) di Brigitte Riebe è un romanzo, delicatamente femminista, che si fa leggere per la sua leggerezza, piacevolezza e non di meno per la sua accurata ricostruzione storica dei tragici avvenimenti che investirono la Germania e in particolare Berlino dal 1932 - inizio del racconto - fino al tempo del miracolo economico, 1951. Insomma un ciclo che indica che tutto ciò che fu distrutto dalla guerra è stato ricostruito. Il romanzo è il primo di una fortunatissima trilogia (il titolo originario è Le sorelle del Ku'damm), di cui a questo punto attendiamo dall'Editore Fazi il seguito.

La tensione narrativa è centrata soprattutto sugli anni drammatici dell'occupazione sovietica, comprensibilmente dura e soprattutto tremenda per le donne di ogni età su cui si scatenò la violenza dei soldati russi nei primi mesi dopo la caduta del Terzo Reich. Il punto di vista è quello di tre sorelle, e in particolare della più grande, la più matura che avverte la responsabilità della famiglia Thalheim in quel periodo tempestoso. Per chi li visse furono anni indimenticabili e aspri in cui il popolo tedesco dovette sopportare prove drammatiche in conseguenza alle scellerate guerre d'invasione di Hitler. A mo' di ouverture, la prima scena si svolge nel giugno 1932 con l'inaugurazione dei Grandi Magazzini Thalheim & Weisgerber, ovviamente a Ku'damm dove allora, come oggi, si trovavano i principali centri commerciali, tra cui il mitico KadeWe (ancora meta di pellegrinaggio del consumismo occidentale). Dopo movimentatissime e drammatiche peripezie e vicissitudini di guerra e sentimentali, il racconto termina con la riapertura nel 1951 dei Grandi Magazzini Thalmann - completamente distrutti dai bombardamenti - sempre a Ku'damm. L'incipit potrebbe - con le debite distanze - ricordare quello di un altro romanzo di un'altra famiglia di commercianti: I Buddenbrook del 1901. E qui finisce l'analogia, salvo considerare che il genere del romanzo di famiglia borghese non è ancora esaurito. Certo è inutile cercare le sottili, rapinose analisi della decadenza di cui Thomas Mann è stato maestro indiscusso e insuperato. Ora siamo sul piano dichiaratamente leggero della onesta letteratura d'intrattenimento.

Il racconto funziona, è ben costruito, palpita di vita ancora ben presente ai tedeschi. Si narra delle tre sorelle e delle loro drammatiche vicissitudine durante gli ultimi anni di guerra: un fratello disperso in Russia (riapparirà nell'ultima pagina a sei anni dalla fine del conflitto). La protagonista, Rike, non perde mai la speranza di ricostruire dal nulla o quasi. Eh, sì perché avviene un coup de théâtre: il nonno materno, che aveva provvidamente abbandonato la Germania nel 1938, lascia la sua immensa fortuna a Rike, la sua preferita, alla condizione di non dare nulla al padre di lei che, si viene a scoprire, non era suo padre. Brigitte Riebe, alquanto italofila, è abbastanza severa con gli uomini tedeschi e infatti decide di far sposare Rike con un simpatico milanese. L'interesse del racconto è duplice: nell'attenta e sottile descrizione delle dinamiche tra sorelle e nel quadro storico dell'immane tragedia e al contempo della straordinaria forza di ricostruzione attuata dalle berlinesi, dalle Trümmerfrauen, dalle donne delle macerie, che nei primi tempi con pochissimi mezzi spianarono e liberarono la città dalle rovine, creando i presupposti della ripresa.

Inoltre un capitolo poco noto, quasi dimenticato, è quello dedicato al ponte aereo con cui gli Alleati - soprattutto gli americani - spezzarono l'assedio di Berlino messo in atto dai Sovietici dal giugno 1948 al settembre 1949.

Ogni 62 secondi atterrava un aereo a Tempelhof: fu così che l'America vinse la sfida, salvò Berlino e la Germania, dimostrando che Stalin poteva essere sconfitto.

Commenti