di B. Traven
E all'improvviso eccolo qui, il prodigioso scrittore, l'innovatore Pguwlkschrj Rnfajbzxquy. Tanto inaspettato e istantaneo quanto la vita stessa, alla stregua dei veri geni. Come soltanto chi fornisce precoci avvisaglie di un talento emergente, per non dire di un consistente senso di trasversalità attraverso le generazioni e in ultima analisi, addirittura, di perseveranza ed etica del lavoro, era lontano dal genio quanto il bastardino con l'olfatto più acuto è lontano dal proprio bersaglio. La prova, contro l'impareggiabile forza e inoppugnabilità della quale mi scontrerei del tutto invano: 4743 articoli commemorativi scritti da 8226 storici della letteratura diversi, tutti condannati dal fato a scartabellare il calendario alla morbosa ricerca di ogni data di nascita, morte, matrimonio, e battesimo; ulteriore segnale: due recensioni entusiastiche sulla Schnupstrall Gazette.
P.R. comunque (e spero che non mi si chieda di dover ribattere ogni volta un nome così arrovellante per esteso, per grazia mia e del povero tipografo) P.R., dicevo, si guadagnò per la prima volta i riflettori con un breve e nondimeno essenziale racconto pubblicato su The Hypperia, rivista mensile familiare alle persone di una certa raffinatezza (i suoi editor, per la maggior parte). Lascerò che siano altri, ora, a speculare su quanto il nome della rivista abbia a che fare con un'intensa frequentazione con l'isteria nelle sue principali manifestazioni. Non una singola persona era capace di capirci qualcosa della storia di P.R. e poiché nessuno ci si raccapezzava, poiché ogni persona dotata di raziocinio si era limitata a queste due sole parole d'apprezzamento Pattume! Pattume! solo per questo motivo c'erano già un tre quarti di dozzina di esperti pronti a prostrarsi in segno di reverenza davanti al nostro scrittore. Che tre quarti di dozzina di esperti sia ancora in piedi, tra l'altro, è la prova inconfutabile, ancor più di ogni statistica, che la guerra in corso non stia riducendo tutto alla rovina, e nemmeno stia forzando mezzo mondo a riesaminare le proprie convinzioni. Una volta che suonò la tromba, comunque, ne seguì che tutte le migliori riviste e i migliori giornali si ritrovarono col tempo obbligati, con o senza ripensamenti, a pubblicare, in ossequio ai desideri spesso manifesti dei loro abbonati regolari e di lunga data, racconti, sketch e poesie partoriti dalla mano di P.R. (...).
Certi pettegolezzi, un giorno, cominciarono a circolare, nessuno sa come né da quale agenzia, che P.R. (e ho già spiegato più di una volta perché mi limiti a queste due lettere) giacesse malato in procinto di morire, privo di conforto umano al suo capezzale, poiché nessuno dei suoi fedeli contemplava anche solo l'idea di approssimarsi all'aura annichilente della sua maestosità tale da rendere Apollo in persona niente più che un ammasso di metallo ammaccato. Io però sono di altra pasta, non ho fede in P.R., e per questo riesco a sottrarmi impunemente alla sua aura. Così venni scelto per andarlo a trovare e dunque comunicargli nell'ora della sua dipartita tutti gli omaggi e i ringraziamenti che la mandria infangata ai suoi piedi gli dedicava, oltre che per prestargli soccorso durante i suoi ultimi sospiri e prendere così nota delle sue parole di commiato per preservarle nei millenni a venire. (...) Viveva in una regione boschiva lontana dal tran tran della città, isolato dalla malevola curiosità del mondo, riparato dalle alte muraglie di tal Restingstones Manor, circondato quest'ultimo da piccoli e pittoreschi cottage ricoperti d'edera, ognuno al centro del suo bel giardinetto.
Il nome stesso era fonte di conforto, e non appena mi avvicinai al Restingstones Manor mi sentii davvero in pace col mondo. «Mi perdoni», domandai, «è per caso questa la residenza di Pguwlkschrj Rnfajbzxquy?» «Ebbene sì» fu la allegra riposta, «sebbene il nome del paziente sia in realtà Paul Rubensessel».
Presi allora quell'espressione simpatetica che è assolutamente indispensabile quando emerge la parola «paziente» e quindi incalzai: «È in gravi condizioni?».
«Non più del normale. Rispetto ai cinque anni che è stato qui...»
«Cosa?» strillai colmo d'agitazione. «Cinque...»
«... Anni, proprio così. All'inizio era stato classificato al terzo stadio, così l'abbiamo messo a rammendare le scarpe, dato il suo passato da calzolaio. Poi però ha iniziato a scrivere per i giornali, e quelli gli hanno dato tanti soldi che si è potuto permettere una casa tutta sua insieme a due infermiere private. Sul serio, ha gli stessi privilegi del conte Hegelsdorff, e la sua fortuna è pari a milioni! Comunque a noialtri come il paziente occupa il proprio tempo non interessa, l'importante è che sia felice».
«Sì» dissi del tutto confuso. «Non capisco».
«A dire la verità neanche noi» disse il primario. «È il classico esempio di come sia impossibile decretare se ci siano più matti là fuori che qui dentro».
«Un attimo, un attimo!» gridai. «Ma dove diamine sono finito?».
«Alla casa di cura per dementi incurabili. Ma come... non lo sapeva?»
«Proprio no. E Herr Pguschwlksch per l'agitazione non ero più in grado di arrotare la lingua attorno al nome che così bene sapevo dire in precedenza e Herr Pguw...».
«Herr Rubensessel, dice? È da tre anni che lo riteniamo incurabile, e da allora è membro permanente della nostra comunità. Del tutto inoffensivo fintanto che non scrive, in ogni caso completamente paralizzato, appena entrato al quarto stadio».
Basito com'ero, non potevo che restarmene lì. L'aura di P.R. mi aveva trafitto.
Così il dottore aggiunse: «Certo avrà già capito quanto era partito dai suoi scritti, ma se ha ancora dubbi non ha che da sentirlo parlare dal vivo. Intende vederlo?».
Declinai l'invito e mi ritirai arretrando fra i fedeli.
Avrebbero fatto meglio a non fidarsi della mia obiettività: non potranno farci troppo affidamento, visto che non avevo nessuna voglia
di farmi lapidare o di vedere il mio corpo gettato in pasto ai cani. Con tutto il rispetto, né P.R. né la razionalità dei suoi affiliati «nel mondo di fuori» valgono tanto per me.E se così dovesse essere è solo colpa loro.
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