
Dimmi come twitti e in 10 secondi necessari a leggere 140 caratteri ti dirò chi sei. Specie se sei un cosiddetto vip, e l'immagine è tutto. A cominciare dalle donne: vanno dal parrucchiere, dall'estetista, si fotografano nella doccia, twittano le scarpe di Jimmy Choo, e non si vergognano di come scrivono. Così quando Fiorella Mannoia butta lì: «Politici... a tutte le ore. C'è ne fosse uno che ci dice in sintesi un programma» mi è venuto spontaneo rispondere «Hai ragione, ma c'è ne fosse uno di voi che scrive mezzo tweet in italiano». Per carità, un errore può capitare, ma qui non sanno mettere insieme una frase. L'alibi comune è dare la colpa al correttore automatico dell'iPhone, il quale però gli corregge sempre tutto al contrario. Nessuno sa che di accenti ne esistono almeno due, infatti mettono l'acuto al posto del grave e viceversa. Il perché accentato correttamente è un'utopia, è sempre «perchè», «è» diventa «é», «più» diventa «piú», e la punteggiatura in generale non esiste. Il sì avverbio è di norma senza accento, cosa che alle elementari vi segnano come errore grave, come «così» è «cosi».
Tra l'altro spesso le giustificazioni sono peggiori dell'errore, ma non se ne accorgono. Laura Chiatti, attrice, ci tiene a far sapere: «Che momento imbarazzante quando si scrive una parola così sbagliata anche auto corretta non può capire cosa intende come mio ultimo tweet». Emilio Fede invece è un caso a parte, concepisce piccoli capolavori di una comicità linguistica irresistibile, e insulta tutti in un italiano tutto suo. «Mallo della monchia pezzente merdoso». Mallo della monchia è sublime. Elisabetta Canalis è stata due anni con un americano e sbaglia l'inglese più basic: «Saluto un mio fans!». Saranno andati tutti a scuola da Flavia Vento, che scrive «Non mi drogo lo lascio fare ai coglioni che scrivono con la punteggiatura». Cioè: «Imparate a vivere non a scrivere l'italiano se questo significa intelligenza». Tra tutti a livello culturale e cognitivo siamo in qualche zona oscura tra l'australopiteco e l'Homo di Neanderthal, per cui uno si sveglia il primo dell'anno e trova un coatto di nome Fabio Volo che twitta: «Oh allora come è sto 2013? Sono curioso. Il futuro è l'inizio... Come è sto inizio?». Che gli si risponde? A coso, 'ndo stai, vie' qua, mo' te butto una banana. Il mio amore Selvaggia Lucarelli, un'altra che si autodefinisce «scrittrice» perché ha scritto un pamphlet intitolato Mantienimi, ogni tre giorni twitta una sua foto ammiccante scosciata per tenere dritti i follower ma si esprime come Sabrina Ferilli: è tutto un anda', mangia', dormi', tromba'. Tanto per capirci scrive meglio Justine Mattera, che è americana ma laureata in letteratura, e ti cita pure Henry James. Tenete presente in ogni caso che la gorilla Koko è arrivata in quarant'anni a usare 800 vocaboli, credo 300 in più di un italiano medio e 700 in più di un vip.
Insomma, cari vip e vippesse, scrivere non è obbligatorio, anzi per voi dovrebbe essere obbligatorio non farlo, e quindi il mio consiglio gratuito è: o buttate l'iPhone, o tornate a scuola, o se proprio non riuscite fatevi amputare le falangi, sarete monchi ma più dignitosi dei vostri tweet.