Bocelli: "Canto le sfumature della passione"

Il tenore reinterpreta classici d'amore di Elvis, Jobim e Totò: "Potrei esser ospite al Festival di Sanremo"

Bocelli: "Canto le sfumature della passione"

In fondo è l'unico che possa farlo senza se e senza ma: cantare i brani che declinano tutte le sfumature della passione. È un tenore, voce perfetta allo scopo, la stessa che una volta fece dire a Celine Dion: «Se Dio avesse una voce, sarebbe quella di Bocelli». È famoso in tutto il mondo isole comprese, anche dove, per esempio, pochi conoscono Champagne di Peppino Di Capri o Malafemmena di Totò o Love in Portofino di Fred Buscaglione. Ottanta milioni di copie vendute, signori: roba da rockstar. Per di più è credibile: perciò Passione, il nuovo disco di Andrea Bocelli è destinato a diventare un superclassico proprio come Amore del 2006 (prodotto anche quello da David Foster, 4 milioni di copie, debutto al terzo posto negli States, una manna oggidì). Da Garota de Ipanema di Jobima Love me tender di Elvis. Da Tristeza a Senza fine di Gino Paoli. «Ho messo insieme una collana dei bellissimi ricordi di quando, da ragazzino, cantavo e suonavo nei pianobar della Versilia». Certo, i soliti malpensanti diranno che sono sempre gli stessi brani. E allora? Tutti i grandi tenori, da Caruso fino a Carreras, hanno sempre cantato le canzoni popolari. La differenza, dopotutto, non è nella musica. Ma in come la si canta: bene, male o così così. Stavolta Bocelli è andato ancora più avanti: e in brani come Strangers in the night o Era già tutto previsto è superlativo. Già.

Caro Bocelli, forse è la nostalgia ad aver colorato di più la voce.
«La nostalgia no. Ma i ricordi sì».

Quali?
«Avevo diciotto, vent'anni. Cantavo di sera, di notte. E la gente si innamorava mentre cantavo (potenza delle canzoni, mica della mia voce eh!). Molti si commuovevano, qualcuno piangeva. Mio padre veniva ai miei concerti e poi all'uscita mi fulminava sempre con una battuta».

Ossia?
«Vedo tutta quelle persone che vengono a sentirti, magari si commuovono e piangono due, tre, quattro volte. E poi quando escono dal locale dicono sorridendo: “Come ci siamo divertiti”».

Ogni sera decine di brani. Come li ha scelti?
«Ho seguito la strada più facile: ho scelto il meglio».

Qualcuno dirà: sono gli stessi brani che cantano in tanti.
«In questa scaletta per la verità ci sono brani che tanti italiani possono riscoprire come Sarà settembre (September morn) o When I fall in love oppure A mano a mano di Cocciante. O che addirittura possono ricordare perché nel frattempo se li sono dimenticati, come forse Perfidia».

E gli stranieri?
«Intanto questo disco esce in 75 Paesi».

Appunto.
«Molti vecchi brani italiani non hanno avuto la fortuna promozionale di superare i nostri confini. E all'estero saranno quindi ascoltati quasi come inediti. E ho proprio voglia di vedere l'effetto che faranno».

C'è il traino dei duetti. Ad esempio quello con Jennifer Lopez in Quizas quizas quizas.
«L'avevo incontrata in Germania qualche anno fa. Ma l'idea di farmi cantare con lei è venuta a David Foster».

Non è famosa per la voce.
«E invece ha arricchito il brano con dolcezza e sensualità».

E Nelly Furtado in Corcovado?
«È complicatissimo cantarlo: una melodia che se non è affrontata bene potrebbe risultare monotona. Lei è stata grande. E anche in Quiet nights of quiet stars, sempre di Jobim, ha dato il meglio».

Rimane il duetto virtuale con Edith Piaf nel classico dei classici, La vie en rose.
«Lei è scomparsa mezzo secolo fa. E poter duettare con la sua voce è solo merito della tecnologia. Lei è leggendaria, ha una voce potentre e un vibrato inimitabile. Per qualche minuto è tornata tra noi».

Non sarà facile riproporlo dal vivo.
«Non ho ancora deciso quale di queste canzoni entrerà nel mio repertorio. Ma di sicuro ce ne sarà qualcuna».

Magari le canterà al prossimo Festival di Sanremo.
«In effetti ci sono contatti. Ma in realtà non saprei che cosa fare.

Sto riflettendo se posso essere utile a questo Festival».

In fondo lei è (anche) un testimonial della tradizione popolare italiana.
«Mi sento un uomo dell'Ottocento che si trova a volare in tutto il mondo senza esserselo mai aspettato».

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