Cultura e Spettacoli

"Caro Fiorello, a 60 anni non vorrai mica ritirarti? La pensione non fa per te"

Il produttore lo lanciò a Radio Deejay nel 1989 "È pigro, poteva essere famoso nel mondo"

"Caro Fiorello, a 60 anni non vorrai mica ritirarti? La pensione non fa per te"

«Purtroppo non gli posso restituire il bellissimo regalo che mi ha fatto per i miei 60, 8 anni fa: una sorpresa a casa mia, si è fatto trovare con i vecchi amici, Jovanotti, Max Pezzali, Gerry Scotti Il virus ce l'ha impedito, ma ci rifaremo presto». Claudio Cecchetto, il fondatore di Radio Deejay e Radio Capital, che ha scoperto e lanciato Fiorello, che ha intuito la sua natura travolgente e l'ha incanalata nel mondo dello spettacolo, può festeggiare il mattatore solo a distanza. Domani Fiore spegne 60 candeline, le condivide virtualmente con i milioni di fan che lo adorano. E, ovviamente, ci scherza su: «Quand'ero piccolo pensavo che i sessantenni fossero quasi morti, adesso ce li ho io, ma mi sento ancora in forma».

Cecchetto, cosa augura al suo «ragazzo»?

«Spero smentisca una delle ultime cose che ha detto: ritirarsi e andare in pensione dopo il prossimo Sanremo (ancora con Amadeus). Lui non può lasciare, deve continuare a regalare allegria alle gente».

Che è la sua più grande qualità

«Si, la sua mission è sempre stata cercare di rendere felici le persone, di mandarle a casa contente dopo averlo visto. Vive dell'entusiasmo degli altri».

Ed è il motivo per cui lo ingaggiò a Radio Deejay

«L'avevo incontrato nell'82 in un villaggio vacanze a Brucoli, in Sicilia, dove faceva l'animatore, mi rimase impresso per quanto era divertente. Mi tenne compagnia per tre giorni mentre registravo una sigla del Telegattone. Anni dopo, nell'89, venne in visita da noi in radio, accompagnato da Bernardo Cherubini, fratello di Jovanotti, ma non cercava lavoro, gli avevano detto che giravano tante belle ragazze».

E invece.

«Mi ricordai di lui. Andammo a mangiare insieme, era spigliato, brillante. Dopo due minuti che eravamo nel locale già cantava con la band che stava suonando. Gli proposi di restare con noi. Lui era titubante perché non aveva un posto dove dormire a Milano, gli misi a disposizione una casa. Dovevo però trovare qualcosa di adatto a lui che non era un deejay».

E l'idea le venne con il disco Veramente falso.

«Lui saliva le scale della radio cantando, perché gli piaceva sentire l'eco. Allora ho pensato di sfruttare le sue doti, realizzando una compilation con le cover dei più grandi cantanti italiani era un taroccamento, come si faceva allora, ma dichiarato. È stato un successo tanto che poi abbiamo fatto anche Nuovamente falso».

Lo conosce da tre decenni, è cambiato?

«No. Non molto. È la stessa persona che ho incontrato da giovane, semmai un po' più esperta, più consapevole delle sue capacità. Un tempo era sì un'esplosione di energia, come ora, ma non sapeva quale fosse il suo talento. Adesso vedo che sa come comportarsi ed è anche buon manager di se stesso».

Invece da giovane era incontenibile

«Aveva bisogno di essere seguito, di indicazioni per realizzare i suoi sogni. Era molto irruente, si buttava di prepotenza nelle situazioni. Gli dicevo: entra delicatamente nella vita delle persone e vedrai che poi ti capiscono. Se vai a un matrimonio e fai lo show, rubi la scena agli sposi».

Anche a Radio Deejay accadde così

«Infatti nacquero forti competizioni con i colleghi. Mentre funzionò perfettamente la coppia con Marco Baldini, perché accettò di fare da spalla».

Una coppia storica

«Ci credevo così tanto da chiamare il programma Viva Radio Deejay. Un rischio: pensate se non avesse avuto successo, che figuraccia con quel Viva E invece è stato un'apoteosi e poi Viva Fiore l'ha usato per tanti suoi show, da Radio 2 a RaiPlay. Tutto quello che ha realizzato dopo l'ha sperimentato nella mia radio».

Dopo è arrivato il karaoke, il bagno di pubblico, ma anche il periodo difficile, la follie, i programmi sbagliati, la dipendenza da lui rivelata anni dopo

«Io non sono mai entrato nelle sue vicende private. Purtroppo sono venuto a sapere dei suoi problemi tardi: non ero il suo manager, ma il suo talent scout. Lo incasellarono in alcuni show non adatti a lui. È stata una sorpresa per me la sua decisione di lasciare Milano per Roma, fu un dispiacere perché era un tassello importante del nuovo network Radio Capital. Il tempo mette a posto ogni cosa».

E l'amicizia si è conservata. Com'è

Fiore con lei nel privato?

«Come lo si vede in pubblico, davanti alle telecamere. Non finge. Una caratteristica di tutti i talenti che ho lanciato: Jovanotti Pezzali, Gerry Scotti».

Un difetto ce l'avrà

«È apprensivo, perché vuole sempre rendere al meglio e fa fatica ad accettare le critiche come se ne bastasse una per rovinare il suo lavoro. E poi, si sa, è un po' pigro. Se avesse voluto, ora sarebbe famoso in tutto il mondo.

Una volta eravamo a una convention di russi: li ha fatti sbellicare dalle risate pur non sapendo una parola di russo, usando solo il linguaggio di Fiorello».

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