Non si chiede mai l'età a una signora. Ma i settanta anni di Raffaella Maria Roberta Pelloni da Bologna sono una cosa di cui è bello parlare e anche scrivere. In fondo sono i migliori anni della sua e della nostra vita in un Paese che vive giorni diversi e cattivi. La signora Pelloni in arte fa Carrà perché quando prese a far carriera nell'arte dello spettacolo le venne suggerito di aggiungere al nome di battesimo quello di Carrà, il Carlo pittore futurista e metafisico di alcuna parentela con la Raffa nazionale.
Il problema era l'accento. All'estero la presentavano così: damen und herren, ladies and gentleman, Raffaella CARRA, che è un'altra cosa anche per rispetto del pittore suddetto. Il cognome Pelloni è illustre e cortese per il Passator brigante che secondo i soliti informati fa parte dell'araldica di famiglia. Brigante non è Raffaella Carrà, con l'accento, dunque, per idea di Dante Guardamagna, regista di tivvù, che così suggerì a quella bella ragazza che, stando al commento della Settimana Incom, «parla a ritmo accelerato, agisce a scatti e ride di tutto senza ragione». Era ancora l'Italia in bianco e nero, colori che avvicinarono Raffaella a Gino Stacchini quattro volte campione d'Italia con la Juventus. Bellaria fu il sito galeotto, a Bellaria i Pelloni, mamma e nonna, gestivano una gelateria, un cono tira l'altro, come i gol del Gino che dopo otto anni si vide messo in panchina, anzi fuori squadra e rosa, liquidato. Niente matrimonio la Carrà aveva già le idee chiare. Anche Ettore Bernabei, capo supremo della Rai, che pronunciò questa frase storica: «Lei è come la Ferrari, la esporteremo in tutto il mondo». La Carrà non cambiò le gomme: «Meglio due senini normali che due meloni».
Raffaella Carrà diventa la madonna pellegrina (Sergio Saviane), l'icona dei gay, scopre, girando per il mondo, che negli spettacoli i travestiti sul palcoscenico interpretano sempre, puntualmente lei, caschetto biondo (idea di Vergottini su richiesta di Boncompagni) e ombelico al vento.
Ombelico? È una mezza verità. Il primo, anzi i primi ombelichi televisivi vennero mostrati dalle gemelle tedesche, le Kessler nel '69, senza strascichi, l'anno dopo fu lei e fu scandalo, come con il Tuca Tuca, altra idea scopiazzata da Boncompagni (come i fagioli, rubata a una tivvù privata) che vide il balletto allestito in un locale di Saint Tropez, scrisse il testo ma non riusciva a trovare il nome giusto, fu Franco Pisano, compositore, direttore d'orchestra (suonava negli Asternovas il complesso di Fred Buscaglione) a musicarla e a darle il titolo di Tuca Tuca. Ma mentre andava in onda arrivò a Enzo Paolo Turchi e a Raffaella l'ordine di bloccare il ballo, Giovanni Salvi, ex vicedirettore Rai, aveva intravisto alcuni tocchi ambigui di Raffa sul corpo del ballerino, era osè, stop. Ma l'ombelico e il Tuca erano ancora in bianco e nero, quando esplose il colore i bigottoni si dovettero arrendere. Non si arrese Bettino Craxi che denunciò in tivvù il salario altissimo e immorale della Carrà in Rai, manco i politici vivessero, e ancora vivano, di pane e cipolle. Qualche bella gioia del cda della Rai la descrisse come una «cellulitica ballerina di fila». Sì, guadagnava bene, Berlusconi le offrì per andare in Fininvest, oltre a un bracciale di Bulgari, anche 7 miliardi di lire, in lettere sette, per anni due, e camion di gerani. Boncompagni e la Raffa rifiutarono il primo assalto, non il secondo. Ma fu breve amore. Il resto sarebbe l'amore con Japino, il resto sarebbe Frank Sinatra e una tresca galeotta, il resto è Carramba, il resto è Sanremo con Chiambretti presidente di giuria che la solleva da ansie e affanni (battuta tremenda «Io sono peggio di Clinton? Quello che va con la Lewinski, una mucca pazza!»). Dicono che abbia avuto il complesso della bocca carnosa.
Nonostante tutto questo, la signora Pelloni ha attraversato, stando ben eretta, la cronaca e la storia del Paese e della televisione, abbandonando il cinema e altri teatri.
È un passato prossimo e mai remoto, è un presente, è un punto esclamativo, è italiana tutta ma piace al resto del popolo europeo e americano, scuotendo i biondi capelli e mostrando una fetta del corpo ha fatto impazzire sbarbati, uomini maturi e signori della terza età, uniti e basiti dinanzi a quella femmina di Romagna. «Vi spiego io perché piace l'ombelico di Raffaella, perché è un ombelico alla bolognese». Parola di Iris, non cuoca ma madre. Auguri vivissimi e come è bello far l'amore da Trieste in giù.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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