Cultura e Spettacoli

Casey Affleck apocalittico "diventa" la madre della figlia molestata

Il premio Oscar era stato coinvolto nel #MeToo e si rilancia dirigendo un thriller «femminista»

Casey Affleck apocalittico "diventa" la madre  della figlia molestata

L'ossessione americana per i drammi distopici sull'umanità estinta adesso ha un nuovo interprete, Casey Affleck. L'attore, premio Oscar per Manchester by the Sea, debutta alla regia con Light of my Life (in sala dal 21 con Notorius, dopo un passaggio alla Festa di Roma), intenso thriller da lui interpretato e scritto, dove un padre vedovo e la sua figlioletta undicenne Rag (Anna Pniowski) sopravvivono allo sterminio della popolazione femminile. Non a caso, la bambina deve difendersi dai maschi predatori, vestendosi da ragazzino, i capelli rapati.

Preceduto dalla cattiva nomea di molestatore, finita quando il bel fratello di Ben ha transato in tribunale, per poi rinunciare, l'anno scorso, a non presentare l'Oscar per la migliore attrice, infuriando il #MeToo, Casey, sostenitore dei democratici Usa, vuol rifarsi una verginità. Con un film che non esita a definire «femminista», tirando in ballo sua madre. «Mia madre sarebbe orgogliosa di Light of my Life. Da femminista, nei Novanta ci proibiva di guardare certi film in tv, perché sessisti», racconta. «Il mio film esprime la mancanza di equilibrio che ho provato nel crescere i miei due figli senza avere la loro madre al fianco», dice il film-maker con la sua aria da Gesù. Maglietta verde bosco come gli occhi un po' malinconici, Casey ieri ha lanciato il suo film da Roma, insieme alla coprotagonista Anna Pniowski.

Padre del quindicenne Indiana e dell'undicenne Atticus, avuti dall'ex-moglie Summer Phoenix, sorella di Joaquin, l'eclettico artista è partito dalle fiabe della buonanotte. «L'idea del film m'è venuta raccontando ai miei figli la storia degli animali non scelti per salire sull'Arca di Noè. Perché alcune coppie di animali venivano lasciate fuori? Da lì, ho sviluppato la sceneggiatura. Cercando di capire perché l'umanità è stata minacciata di estinzione», spiega Affleck, che ha iniziato a scrivere il film quando il primo figlio aveva 4 anni e l'ha finito quando aveva figli di 12 e 8 anni. Ispirato a The Witness. Il testimone, il film catastrofico di e con Casey è stato girato a Vancouver, con un clima selvaggio utile ad ambientare la distopia. Una casa nel bosco, dove padre e figlia si isolano come in una bolla, rende bene l'idea della pericolosità di quanto resta del mondo, dopo la «peste femminile». Interprete duttile, che ama lavorare in film indipendenti, Casey ha collaborato con Gus van Sant in Genio ribelle e Da morire. Da lui ha imparato a non cercare comunque e sempre un significato. «Una volta eravamo in Argentina, nel mezzo del nulla. Ho chiesto a Gus cosa significasse il film che stavamo realizzando. E lui ha risposto: Perché non ci limitiamo a guardare a lasciamo che i temi si rivelino da soli?», ricorda Affleck, che per il suo film ha messo per iscritto le varie conversazioni avute con i figli. «Nel mio film c'è anche il tema del lasciar andare i figli. Come nella scena in cui lascio cadere Rag dalla finestra. Qui il messaggio è che bisogna lasciar andare i figli per conto proprio. Anche se la famiglia è importante e il papà, dice Rag, è «la luce della mia vita», dichiara Casey, riferendosi al titolo del suo film. Guardando il quale viene in mente anche La strada di Cormac McCarthy, portato al cinema da Viggo Mortensen. «McCarthy è sempre stato uno dei miei scrittori preferiti. Dopo aver letto Cavalli selvaggi, gli scrissi dal set in Texas, invitandolo a una chiacchierata. Un giorno, nel deserto in cui giravamo, vidi due figure in controluce: erano Cormac e sua moglie», rievoca il premio Oscar. «La statuetta non ha cambiato la mia vita: è solo un bel modo per ottenere un riconoscimento. È bello che a Hollywood ci sia un gruppo di persone brillanti, che ha apprezzato il mio film.

Ho sempre avuto l'impressione di non essere al centro delle cose: perciò mi sono identificato con la storia degli animali, che non vengono fatti salire sull'Arca».

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