Cultura e Spettacoli

A cavallo di McMurtry lungo un'America che è ancora selvaggia

Dopo trent'anni torna il classico "Lonesome Dove". E il genere spopola anche nelle serie tv

A cavallo di McMurtry lungo un'America che è ancora selvaggia

«Tutta l'America si trova in fondo ad una strada selvaggia, e il nostro passato non è morto ma vive ancora in noi. I nostri avi avevano la civiltà dentro; fuori, la natura selvaggia. Noi viviamo nella civiltà che loro hanno creato, ma in cuor nostro quel mondo selvaggio perdura». Si apre con questa epigrafe di Thomas Whiple, Lonesome Dove di Larry McMurtry, finalmente pubblicato in una nuova traduzione da Einaudi dopo 30 anni di oblio editoriale (pagg. 952, euro 25, traduzione di Margherita Emo). Una citazione, dalla raccolta di saggi Study Out The Land del 1943, che sintetizza perfettamente il motivo del grande ritorno editoriale, televisivo e cinematografico, del genere western.

In un periodo di smarrimento non solo geografico e geopolitico come il nostro, il «mito della frontiera», che sembrava retaggio della perenne sfida tra indiani e cowboy, è tornato prepotentemente di attualità. Non si percepiscono più i confini, anche esistenziali, in un liberi tutti che ha più le caratteristiche dell'inadeguatezza della politica internazionale che di una vera e propria multiculturalità. Ed è un segnale forte, fortissimo, che questo disappunto provenga proprio dagli Stati Uniti, la «Terra della Libertà» che ha fatto per decenni proprio del melting pop la propria bandiera. Da qui il ritorno di un nuovo western che non ha nulla a che fare con la tradizione degli «indiani cattivi», ma che racconta proprio lo smarrimento di chi si trova senza frontiere.

Da qualche giorno sulla piattaforma Netflix sta furoreggiando Godless (letteralmente «senza Dio», quindi «senza legge»), serie diretta dal regista Premio Oscar Steven Soderbergh che descrive proprio un paesino di frontiera senza più legge che accoglie gli stranieri con la scritta: «Benvenuti nella città che non appartiene a nessun uomo». Mentre è attesa per le prossime settimane, sempre su Netflix, The Ballad of Buster Scruggs, altra serie ideata da Joel ed Ethan Cohen e ambientata in un West da ultima frontiera.

Il vero manifesto di questa nuova epica senza frontiere è comunque il romanzo Lonesome Dove di McMurtry. Nel 1986 il libro, allora fresco vincitore del Premio Pulitzer, era stato edito da Mondadori con il poco invitante titolo Un volo di colombe che tradiva completamente l'originale: Lonesome Dove è in realtà il paesino sperduto del Texas dove vivono i due protagonisti e anche il nome del loro ranch. La nuova tradizione di Margherita Emo restituisce tutta la grandezza di un capolavoro troppe volte etichettato unicamente come romanzo western. Certo, è inconfutabile che lo sia, ma è un western atipico: è più una lunga ballata, ricca di richiami classici, che incanta e trasporta il lettore in un'epica della Frontiera che non esiste più. I due protagonisti, Augustus McCrae e Woodrow Call, due ex ranger diventati commercianti di bestiame, vivono in «uno sputo di paese» ai confini con il Messico. Tutto il loro mondo - quel passato di lotte quotidiane contro gli indiani, di guerra, di notti all'addiaccio - è svanito. Ne vivono solo il ricordo, mentre l'America è attraversata da una ferrovia che, se da una parte ha velocizzato i trasporti, dall'altra ha cancellato con un colpo di spugna l'epica delle lunghe rincorse a cavallo, degli appostamenti, dei guadi di fiumi impervi e montagne rocciose. Tutto è cambiato, tranne la Natura selvaggia che li circonda, sia nei paesaggi che nei cuori.

McMurtry è bravissimo nel descrivere il crepuscolo di un mondo dove persino le prostitute da saloon si sono emancipate, dove gli indiani si stanno integrando, destinati sempre più a essere rinchiusi nei recinti delle loro riserve. Certo, il mito del cowboy e dell'indiano cattivo si sente ancora, ma è più un'eco. Il miracolo di Lonesome Dove avviene quando ci accorgiamo che Larry McMurtry non sta parlando soltanto di vecchi cowboy inghiottiti dal passato, ma di noi, ormai completamente spaesati dalla scomparsa di qualsiasi frontiera: geografica, etica, morale. Ed è questo il segreto di un libro che affascinerà anche chi non è avvezzo al genere western. Insieme alla scrittura: perché McMurtry non c'entra nulla con Cormac McCarthy (più un abile venditore da laboratorio narrativo che un vero scrittore) a cui è continuamente accostato in Italia. È più vicino a William Faulkner e a Joseph Conrad quando esplorano i confini umani e al Moby Dick di un Melville che è riuscito a fiocinare l'essere umano come un cieco persecutore del proprio Destino.

Il tutto con uno stile da scrittura cinematografica. Non a caso McMurtry è famoso anche per gli adattamenti cinematografici dei suoi romanzi: da Hud il selvaggio con Paul Newman a L'ultimo spettacolo, capolavoro di Peter Bogdanovich con Jeff Bridges sino a Voglia di tenerezza, con Shirley McLaine, Jack Nicholson e Debra Winger, vincitore di cinque premi Oscar. Dal romanzo Lonesome Dove è stata tratta una serie per la tv, con Tommy Lee Jones e Robert Duvall. Nel 2006 McMurtry ha vinto anche l'Oscar e il Golden Globe per la migliore sceneggiatura di I segreti di Brokeback Mountain, adattata dal racconto di Annie Proulx, Gente del Wyoming. Anche se il suo capolavoro rimane proprio Lonesome Dove, un classico della letteratura che ci fa comprendere come «la terra è sì un grande ossario.

Però è bella, alla luce del sole».

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