Chaplin: "Col Duce treni in orario"

Le idee politiche del grande attore in un libro dalle molte sorprese

Chaplin: "Col Duce treni in orario"

Richard Carr, docente di Storia all'Anglia Ruskin University, grazie ad un lavoro basato su un'ampia varietà di fonti archivistiche scovate sia in Europa che negli Usa, è riuscito a scrivere una biografia politica di Chaplin (Charlie Chaplin. A Political Biography from Victorian Britain to Modern America, Routledge).

Il libro ne ripercorre tutta la vicenda biografica cominciando dalla inquietudine per la Prima guerra mondiale per passare poi al tema centrale della sua filmografia e forse della sua vita: il contesto economico generale e i contraccolpi sulle persone comuni. Carr titola uno dei capitoli Mosca o Manchester a dimostrazione che il paradigma economico di un mondo nuovo fu il timbro simbolicamente più forte a allo stesso tempo a0ngosciante per un artista come Chaplin, molto attento agli sviluppi del progresso industriale ed economico. Intuizione che lo aveva reso distante da quella ideologia già prima della «grande depressione» del 1929 e che si farà negli anni così tanto cupa da regalarci Tempi moderni. La scelta assumerà connotati sempre più politici tanto che anche in questo caso Carr utilizza un intero capitolo dal titolo Il vagabondo e i dittatori, entrambi personaggi interpretati da Chaplin, per marcare la distanza dell'artista da quelle che egli riteneva forme di oppressione ideologica.

Eppure, nonostante denunci contraddizioni e conflitti di vario tipo, la sua vita privata e pubblica non ne sarà mai priva. Dal punto di vista sentimentale Carr entra nei meandri della relazione con Paulette Goddard a cui il comico fu legato da un sodalizio anche artistico, nelle vicende che lo legarono al suo fratellastro Sydney e pure nella questione della sua falsa «ebraicità».

L'impegno politico è però elemento centrale. Certo, nel libro si descrivono i tumultuosi rapporti sentimentali e le relazioni di interessi con i più importanti personaggi della politica ma saltano all'occhio in questo clima di presunto o reale rigorismo morale i suoi apprezzamenti verso Mussolini definito nel 1928 come una delle più «grandi personalità» di quell'anno, capace di prendere «in mano una nazione e metterla al lavoro». Richard Carr asserisce che tali valutazioni non pregiudicherebbero la complessiva aderenza di Chaplin agli ideali di sinistra nonostante «gli sforzi di Mussolini sulla creazione di posti di lavoro gli avessero inizialmente permesso di passare sopra gli aspetti negativi del fascismo italiano, e di simpatizzare con esso».

Eppure quelli su Mussolini sono giudizi ponderati dal momento che con Hitler non accadde lo stesso. Chaplin temeva la Germania nazista e intuì sin da subito la portata della minaccia antisemita tant'è che si mosse con decisione nei confronti degli inglesi e degli americani affinché dichiarassero guerra. Ciò contrastava però contro le politiche di rappacificazione e di snervante diplomazia di quegli anni. Quando, a metà del 1938, espose il progetto generale sul quale voleva strutturare Il Grande dittatore gli chiesero di ammorbidire i toni contro la Germania. Lo stesso accadde nell'aprile del 1939 quando i diplomatici di Londra scrissero al Consolato britannico di Los Angeles facendo esplicita richiesta di fargli trattare l'argomento in un modo «da non offendere la Germania», aggiungendo che la parodia contro Hitler era traboccante di «entusiasmo fanatico» e perciò pronti a censurare il film.

Questa decisa repulsione nei confronti del nazismo, non fa allora che avvalorare la veridicità delle sue frasi sul duce italiano.

Nel 1931, in viaggio in Italia, Chaplin si dice «impressionato dall'atmosfera» del nostro Paese dove «la disciplina e l'ordine erano onnipresenti. La speranza e il desiderio sembravano nell'aria». E nel 1938, alle soglie del conflitto mondiale, è ancora attestato sulle stesse posizioni tanto da cadere pure lui nell'adagio che «i treni arrivavano in orario».

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