Cultura e Spettacoli

Da Chaplin a Manuel Agnelli, i Maneskin esaltano l'arena di Verona

Il loro ritorno in Italia dopo un giro del mondo a bordo di successi e dischi di platino e mentre Victoria compie 22 anni

Da Chaplin a Manuel Agnelli, i Maneskin esaltano l'arena di Verona

Dal rock a Charlie Chaplin. Dagli assoli di chitarra alle giacche di Damiano. Maneskin all’Arena di Verona. 28 aprile, tutto esaurito. Il loro ritorno in Italia dopo un giro del mondo a bordo di successi e dischi di platino. Sul palco Damiano è il protagonista (due cambi d’abito), ma gli altri si dividono la scena da attori ormai rodati, come se stessero in scena da una vita. “Vi siamo mancati? Siamo stati in America a scrivere canzoni pazzesche”, ha detto Damiano a metà serata. Insomma, uno dei concerti dell’anno. Partenza con ”Zitti e buoni”, ci mancherebbe: “Siamo fuori di testa ma diversi da loro” urla tutto il pubblico quasi fosse una liberazione. Di certo i suoni all’Arena di Verona sono in netta controtendenza rispetto a ciò che si sta ascoltando in radio o nelle principali playlist di Spotify. Rock suonato da chitarra, basso, batteria e voce. Niente tecnologia. Zero autotune. E probabilmente Zucchero, che ha seguito tutto lo show, ha apprezzato moltissimo. Quando suonano “I wanna be your dog” (cover degli Stooges di Iggy Pop) la platea è quasi muta di fronte a tanta violenza sonora. Damiano si muove come Iggy, quasi mima un amplesso sul palco mentre Ethan alla batteria non perde un colpo. Forza protopunk. Non a caso subito dopo arriva “I wanna be your slave”, che in una versione ha pure il feat. Dello stesso Iggy. Potrebbe essere il segnale di una rinascita del rock, o per lo meno dell’attitudine rock, ossia della volontà di essere dritti, immediati, empatici. “Sticazzi della musica nuova”, ha urlato Damiano dopo aver cantato “Amandoti” con Manuel Agnelli in Tshirt e chiodo di pelle. “Quando siamo usciti da X Factor nel 2017, ci criticavano perché facevamo soltanto cover. E io ora dico: ”Grazie a dio”. Però la forza della musica si accompagna a quella delle parole. Prima di Gasoline, Damiano ha ripetuto l’intervento appena fatto al Coachella Festival: “Noi abbiamo la grande fortuna di fare questo lavoro però ci sono dei momenti in cui dobbiamo usare il nostro privilegio per aiutare chi non ce l’ha. A proposito di questo c’è un discorso fatto tanto tempo fa dal mitico Charlie Chaplin nel Dittatore”. E lo recita in inglese: “Mi dispiace ma io non voglio fare l’imperatore, non voglio governare né conquistare nessuno…”. Un riferimento chiarissimo alla guerra in Ucraina e, non a caso, sventola una bandiera blu e e gialla. “Maneskin, Maneskin”, urla il pubblico in platea. E si sentono le urla pure di chi è rimasto fuori e ascolta attaccato alla transenne. Però tutti zitti quando c’è l’accoppiata “Torna a casa” e “Vent’anni” in versione acustica: “Non l’abbiamo mai provata prima” dice Damiano. Esame superato. E comunque che i Maneskin si ricolleghino direttamente al dizionario rock degli anni ‘70 si capisce pure dalla citazione di “My generation” degli Who durante “Touch me”. In ogni caso, lo spirito rock è fortissimo. Fortissimo ma pure (purtroppo) aggiornato. Durante ‘Lividi sui gomiti’ la band chiama qualche decina di fan sul palco. Per loro dovrebbe essere uno dei momenti topici del concerto di fianco ai loro idoli, un momento da godere con gli occhi. E invece la maggior parte si concentra sullo smartphone e mitraglia stories su Instagram. Funziona così. Poi giusto il tempo di una intro di chitarra (scolastica), del brano Le parole lontane, della versione originale di I wanna be your slave e poi stop. Rito finito. E Maneskin pronti a continuare il tour mondiale.

E, forse, anche a pubblicare musica nuova.

Commenti