Madrid - È bastato un fine settimana per trasformare una ragazza di 21 anni cresciuta sulle sponde del fiume Ohio nel Kentucky in una star consacrata dal pubblico di mezzo mondo. Una manciata di ore per ricevere contestualmente l’investitura di nuova attrice idolo degli adolescenti perché la Kristen Stewart di Twilight è già roba vecchia. Ma non è che Jennifer Lawrence se ne fosse stata con le mani in mano fino al record appena conquistato come protagonista assoluta di Hunger Games di Gary Ross (è il terzo incasso della storia degli Stati Uniti nel primo weekend anche se per la verità non sembra avere lo stesso successo negli altri 67 paesi in cui è uscito). Basterebbe già solo la nomination all’Oscar come migliore attrice lo scorso anno, per il bellissimo Un gelido inverno di Debra Granik, a coronare la carriera di qualsiasi attrice. E non era passata inosservata nemmeno l’interpretazione accanto a Kim Basinger e Charlize Theron in The Burning Plain - Il confine della solitudine, esordio alla regia di Guillermo Arriaga, grazie a cui vinse nel 2008 il Premio Marcello Mastroianni come miglior attrice esordiente alla Mostra di Venezia. Un evento che ancora oggi definisce «incredibile con un premio intitolato a uno dei miei attori preferiti». «La più grande esperienza della mia vita, il mio primo viaggio in Europa, il mio primo red carpet accompagnata dai miei genitori», dice l’attrice che - biondissima, tacchi a spillo e tailleur nero mozzafiato - nella capitale spagnola ha incontrato la stampa internazionale in vista dell’uscita di Hunger Games in Italia il 1° maggio distribuito da Warner Bros. Il film nasce dalla trilogia di best-seller (Mondadori) di Suzanne Collins.
Si aspettava questo successo anche al cinema?
«Assolutamente no. E sono al settimo cielo. Ma certo prima avevo un po’ di timore d’interpretare un personaggio che già tantissime persone si erano immaginate nella propria mente. Chiaramente è un po’ opprimente sentire tante critiche - sono troppo bionda, troppo carina... - ma devo farci i conti».
«Hunger Games» è ambientato in un futuro distopico dove alcuni adolescenti vanno incontro alla morte per un reality. È solo fantascienza?
«Io ho pensato più a una storia drammatica che fantascientifica. Certo è una società del futuro in cui l’umanità è manipolata dal governo e dai media e in cui sono pochi quelli che si rivoltano».
Invece il suo personaggio, Katniss Everdeen, è una vera e propria eroina armata di arco che conquista soprattutto il pubblico dei ragazzi.
«È una sorta di Giovanna D'Arco, una guerriera che si prende la responsabilità di fare la rivoluzione».
La butta in politica?
«Sono stata educata alla politica, leggo giornali e continuo a informarmi. Però non dirò mai le mie opinioni. Ma certo nel film si possono anche leggere delle similitudini con la primavera araba. Anche nel peggiore degli eventi bisogna sempre ricordare da dove veniamo».
Il film critica molto anche il mondo dei reality, lei ha mai pensato di prenderne parte ad uno?
«Un po’ li seguo anche se non mi piacciono alcune loro derive. Ma non prenderò mai parte a un reality su di me, sono un personaggio così noioso...»
La candidatura all’Oscar e tutta questa notorietà l'hanno cambiata, spaventata?
«Il successo non mi fa paura, temo più i flop. Solo i paparazzi stanno diventando un incubo».
Come quando si trovava a 14 anni a New York e una foto le ha cambiato la vita?
«Ero in gita con mia mamma e un fotografo mi scattò un’istantanea. Sembra incredibile ma poi mi chiamarono per una pubblicità e da lì ho capito che potevo fare l’attrice».
Quali sono i suoi modelli?
«Sicuramente Meryl Streep, Gena Rowlands e Sophia Loren».
E i suoi registi?
«Amo Sofia Coppola, i suoi film, il loro ritmo, il non voler compiacere nessuno. Vorrei tanto lavorare con Woody Allen, i Coen ma anche Bernardo Bertolucci».
Cosa vede nel suo futuro, a parte gli altri quattro film in uscita più i due della
«Voglio continuare a coltivare le mie amicizie che sono più importanti della mia carriera. Spero poi in una vita un po’ più normale di questa attuale, con una famiglia e dei bambini».
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