Quelli che disprezzano la tv ma guai se non ci vanno

Da Freccero a Lippi, da Grillo al ministro della Cultura: si allarga il plotone di chi ne parla male però non ci rinuncia

Quelli che disprezzano la tv ma guai se non ci vanno

Un giudizio qui, uno là, e poi alla fine uno si chiede: ma perché chi pensa che la tv faccia schifo non perde occasione di andare in tv? Schiacci il telecomando e inizia la processione di cassandre felici e compiaciute, di intellettuali, politici, giornalisti, artisti che spiegano minuziosamente per quale motivo il luogo da dove stanno parlando sia alla canna del gas, non interessi più nessuno, sia diseducativo eccetera eccetera. Un po' come se negli Stati Uniti i tacchini festeggiassero l'arrivo del Giorno del ringraziamento. O se Beppe Grillo dicesse che la tv è soltanto «merda e pubblicità» o che «con la tv saremmo allo 0 e qualcosa per cento» e poi per anni ci comparisse in ogni modo, persino a nuoto nello Stretto di Messina o su di una biga romana al Circo Massimo. Ah no, questo è proprio successo.

Insomma la sfilata di chi va in tv a criticare chi va in tv è lunga da qui a lì. L'ultimo ad esempio è stato Carlo Freccero, uno che ha fatto molta tv ma ne ha parlato molto di più visto che da decenni spunta a tutte le ore. Ha appena detto che la tv generalista parla «solo agli anziani, target di riferimento di Raiuno e al pubblico degli analfabeti, dei più ignoranti, dei tamarri e delle donne tatuate». Quindi quando la prossima volta lo vedrete pontificare su Raiuno, consideratevi vecchi decrepiti oppure maranza di periferia con la catena borchiata al collo. E, sia chiaro, inevitabilmente analfabeti, tatuati o no. Probabilmente la pensa come lui Umberto Galimberti, filosofo con l'hobby delle ospitate tv (o viceversa): «Oggi la società è inchiodata di fronte a tv e pc, dove si registrano passivamente delle impressioni. Davanti alla tv non si deve creare o immaginare, si deve solo vedere». E spesso, ovvio, si vede lui.

Però attenzione, la tv ha persino fatto un danno alla cultura, come ha detto il ministro della Cultura Franceschini pretendendo al Salone del Libro di Torino che reti pubbliche e private «risarciscano il danno» per il tempo rubato alla lettura. E pazienza se lui non si fa mancare un tg o un talk show. A proposito, curioso che Santoro critichi «l'overdose dei cosiddetti talk» quando va in onda sul canale che ne ha la più alta concentrazione, La7. Benevola partecipazione ai destini tv o malevola frecciata a (neo)concorrenti sempre più minacciosi?

Nella filigrana dei giudizi anti tv si può leggere di tutto. Ci sono repentini cambi di direzione come quelli di Piero Pelù, che disse «il talent show nasce dalla televisione e, in quanto tale, è già falso» prima di diventare giudice di The Voice che è un talent in tv. Idem JAx, anche se ai rapper, abituati a j'accuse e dissing, è più facile perdonare qualche deragliamento concettuale. E ci sono anche appuntamenti prevedibili quasi come l'aumento della benzina.

Ad esempio, le lamentele di Claudio Lippi. Nel 2006 voleva far spegnere la tv «contro la tv spazzatura» ed era «occupatissimo a rappresentare la scontentezza di tanti». L'anno scorso twittava paragoni altisonanti «e adesso cancellatemi dalla Rai e da Mediaset. Come con Enzo Biagi», precisando oltretutto che anche La7 era sulla buona strada visto che «ho cercato Urbano Cairo appena insediatosi a La 7. Ancora aspetto risposta». Già che c'era ha criticato Paola Perego e Mara Venier spingendosi fino alla totalità dell'informazione: «Avremo mai una stampa libera?». Dopo lo sfogo, è tornato nella giuria di Tale e quale show , programma di enorme successo e di buona fattura che però forse gli toglie tempo per rappresentare «la scontentezza di tanti».

Per non dire di Massimo Coppola, fresco di un memorabile (per lo share basso) Masterpiece , che ha urlato via social un vibrante «basta davvero» alla pochezza dei palinsesti.

Insomma quelli che vanno in tv per parlar male della tv sono ormai una categoria parallela, una variazione digitale di chi sputa nel piatto dove mangia e guai se glielo tolgono.

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