Una Chiesa demolita a colpi di umanitarismo

Nella distopia immaginata da Aldo Maria Valli la scelta di ammorbidire la dottrina distrugge il cristianesimo

Una Chiesa demolita a colpi di umanitarismo

Da Dostoevskij a Musil, da Mann a Orwell, molti romanzi moderni si sono posti sul confine che separa la letteratura dalla saggistica.

Qualcosa di simile ha fatto Aldo Maria Valli, vaticanista del Tg1 e ora anche autore di un romanzo distopico, Come la Chiesa finì (edito da Liberilibri e in vendita a 16 euro), nel quale mette in discussione vari tratti della Chiesa contemporanea. Egli immagina che in un futuro non lontano una serie di papi venuti dall'America latina (tutti di nome Francesco) demolisca un poco alla volta l'edificio dogmatico del cattolicesimo, fino a dissolvere la Chiesa entro un'unica religione umanitaria globale.

Con documenti intitolati Tabula rasa, Delenda doctrina, Gaudeamus igitur, De gustibus e così via, questi pontefici s'impegnano in una battaglia volta a negare ogni differenza tra la cristianità e la società secolarizzata. La Chiesa si fa moderna, poi postmoderna e infine post-postmoderna, senza fermarsi di fronte a nulla al solo fine di piacere agli opinionisti e al grande pubblico.

Usando l'arma del paradosso e di un amaro sarcasmo, Valli obbliga il lettore a farsi domande. Estremizzando taluni tratti del cattolicesimo del nostro tempo, tratteggia «una Chiesa che, dimentica del Vangelo e impegnata a inseguire il mondo, nel folle tentativo di rendersi più amichevole e attraente, più dialogante e accogliente, meno arcigna e dottrinale, finisce col tradire se stessa e si consegna nelle mani dei dominatori di turno, tiranni senza volto che aboliscono la libertà innalzando il vessillo dell'amore».

Non è un caso che lo sfondo dell'utopia negativa immaginata nel romanzo sia un mondo totalitario politicamente unificato. E in effetti i più rappresentativi interpreti della cultura laicista contemporanea avversano anche ogni pretesa all'autogoverno, la quale rinvia all'idea che esistano frontiere e differenze. Dal romanzo emerge con chiarezza che quando tutto è uniformemente oggetto di misericordia, non vi è più spazio per la possibilità di essere nel giusto o nell'errore. Il risultato è che in nessun modo può essere cristiana un'umanità che smarrisce il senso del bene e del male, vanifica l'idea di giustizia, ammette ogni cosa perché ha cancellato il confine tra la colpa e l'innocenza.

Ma senza la consapevolezza della miseria e del peccato, nell'uomo non può sorgere quella domanda di senso che apre alla possibilità di una conversione. Valli ci proietta in un futuro nel quale ha trionfato una vuota retorica dell'amore e la Chiesa si è smarrita. Ha temuto d'essere impopolare ed è stata attratta dal potere. Si è focalizzata sulla lotta alla povertà e sulle questioni sociali: e tutto pur di non parlare di Dio. L'apostasia ha aperto la strada alla tirannide, dato che la difesa della verità non può essere disgiunta dalla salvaguardia della libertà.

A tratti, il libro di Valli è abrasivo. E si capisce come esso nasca dal profondo dell'esperienza dell'autore. Dalle pagine traspare anche un'evidente nostalgia per quella Chiesa che ancora sapeva sfidare il tempo e offrire un'alternativa: chiedendo ai cristiani di provare a essere il sale della terra e difendere la centralità del messaggio evangelico come annuncio di salvezza. Nel suo intervento a Ratisbona, in effetti, Benedetto XVI aveva affermato una tesi inaccettabile per la società contemporanea. Non soltanto aveva contestato il multiculturalismo, ma aveva perfino sottolineato che la dimensione universale della Chiesa non deve fare dimenticare le sue origini ebraiche e greche.

«In principio era il Logos» ci attesta che il Vangelo ha preso forma entro un quadro definito dalla ragione ellenica. Secondo Ratzinger, il cristianesimo proviene da quella Rivelazione biblica che conduce a Gesù, ma fin dall'inizio la fede in Dio è stata associata a una decisa valorizzazione della razionalità umana, della filosofia, della scienza. Se da sempre il cristianesimo ha intrattenuto questo rapporto speciale con l'Occidente, per Ratzinger questo non può essere considerato un elemento casuale o irrilevante.

Al contrario, è un disegno provvidenziale che ha costruito tale legame tra religione e cultura, tra fede e razionalità. La Chiesa di Ratzinger a cui ancora l'autore di questo libro volge il suo sguardo non era disposta ad appiattirsi sul secolo, fino a coincidere con la mentalità prevalente. Ed è per testimoniare la propria fedeltà alle verità cristiana che Valli ha deciso di usare parole tanto scandalose.

Ovviamente non è scontato che in molte questioni morali la fede sia in grado di fornirci tutte le risposte di cui abbiamo bisogno, come se ogni dramma dell'esistenza fosse estraneo al fluire del tempo e al mutare della società. È però vero che un cristianesimo dominato dal relativismo rinnega se stesso. All'inizio del volume il Cantore Cieco che ci riferisce quanto avvenne si pone quesiti cruciali, chiedendosi se «le cose sarebbero andate diversamente se non fossimo stati così paurosi e, in concreto, complici di quanti hanno lavorato contro la libertà».

Una simile domanda, innanzi tutto, Valli l'ha posta a se stesso e con questo volume egli è uscito dal silenzio.

Probabilmente la sua rappresentazione è troppo in bianco e nero, mentre sono possibili anche letture meno critiche di fronte agli sviluppi in atto.

Più di un lettore chiuderà comunque il libro con un profondo senso di gratitudine verso questa coraggiosa e tormentata testimonianza.

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