L'ultima intervista in qualità di cattolico perplesso non poteva che essere a un sacerdote. Discutere di cattolicesimo senza coinvolgere un prete è un po' come fare i conti senza l'oste e poi non volevo dare l'idea di promuovere una religione fai-da-te: in campo cristiano la disintermediazione è stata già sperimentata da Lutero e il risultato è una babele crollante. Don Nicola Bux negli anni '70 ha collaborato con don Giussani e oggi è liturgista, docente, consultore di un paio di congregazioni vaticane e autore di libri dai titoli eloquenti: Come andare a messa senza perdere la fede, La danza vuota intorno al vitello d'oro (insieme al cardinale Burke), Con i sacramenti non si scherza... È dunque uomo di certezze, proprio il tipo di teologo che ci vuole in questo tempo di confusione dottrinale.
La prima domanda è uguale per tutti gli intervistati. Da quando un imam ha parlato dal pulpito del duomo di Parma, raccontando la menzogna di Maometto uomo di pace, io non vado più a messa nel duomo di Parma: faccio bene o male?
«Presumo che lei abbia preso questa decisione perché ritiene che l'atto abbia profanato il Duomo. Se nel luogo dove si celebra l'eucaristia un non cristiano ha letto versetti e detto parole ispirate alla religione islamica secondo la quale Dio non ha un Figlio unigenito, e che irride chi crede in tale verità, lei ha fatto bene. Certo colpisce l'ignoranza di quella parte del clero che ha assentito a tale atto. Ma non è da ora che nei seminari non si insegna quale sia la vera religione: quella cattolica».
Io sono un cattolico errante, vago di chiesa in chiesa, ma ogni domenica la predica si somiglia, ogni volta il sacerdote accusa i presenti di formalismo: «Non basta venire a messa! Non crediate di essere migliori di chi non viene!». Io invece credo di essere migliore di chi uccide in nome di Allah: sono un presuntuoso?
«Gesù ebbe la pretesa di affermare: Io sono la verità, io sono la luce del mondo.... E disse altrettanto ai discepoli: Voi siete la luce, il sale.... Quindi lei non è presuntuoso. L'ignoranza o il relativismo teologico portano preti e cristiani a ritenere che cristianesimo e islamismo siano la stessa cosa. Mi sembra che il prete che lancia quell'accusa ritenga che l'andare a messa sia formalismo e non l'osservanza amorosa del primo e del terzo comandamento, oltre che un precetto della Chiesa».
Mi rivolgo all'esperto di liturgia: è lecito sonnecchiare durante la predica? Perché questo mi risparmierebbe l'ascolto di omelie anticapitaliste come quelle del vescovo di Nuoro o come quelle del vescovo di Rieti secondo il quale i morti del terremoto sono dovuti all'uomo.
«Vittorio Messori voleva che intitolassi un mio libro Come non annoiarsi a messa. Joseph Ratzinger ha detto in un'intervista che la prova dell'origine divina del cristianesimo è che resiste a moltissime omelie insulse. Quanto ai morti del terremoto, come di altre catastrofi, oggi si vuol cercare la causa soltanto nell'uomo: si dimentica che pure la natura è imperfetta (geme e soffre le doglie del parto) e ancor prima che Dio è il Signore dell'universo. Egli dunque permette questo, così come le tentazioni, per provarci e per ammonirci. Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo, dice Gesù nel Vangelo».
Che ne è dell'attenzione liturgica di Benedetto XVI? Del motu proprio che liberalizzava la messa in latino? Sbaglio o per i vescovi è lettera morta? Sbaglio o è rimasto solo il cardinale Sarah a dire che con «l'antico messale riusciamo a comprendere meglio che la messa è un atto di Cristo e non degli uomini»?
«Il pensiero di Joseph Ratzinger a partire dagli anni '70 ha captato la resistenza diffusa nel mondo, in specie tra i giovani sacerdoti e seminaristi, alla riforma postconciliare della liturgia, degenerata in deformazioni al limite del sopportabile (fino al prete che balla davanti all'altare o al vescovo che vi gira attorno in bicicletta). Ha capito che tale resistenza sarebbe divenuta inarrestabile, proprio perché fatta soprattutto di giovani, e ha liberato l'antico rito romano, proponendolo, non imponendolo, come forma straordinaria, accanto al nuovo rito inteso quale forma ordinaria. Un atto di rara intelligenza. I vescovi non riusciranno a fermare il motu proprio perché ogni giorno spuntano sacerdoti, seminaristi, giovani che lo scoprono, lo imparano, lo cercano. Ne sono testimone. Se dieci anni fa nemmeno se ne parlava tra dieci anni si accorgeranno di non aver saputo leggere i segni dei tempi, che non vengono mai dalla direzione da cui te li aspetti. Dunque il cardinal Sarah è solo la punta dell'iceberg».
Lei ha capito se i divorziati risposati hanno diritto alla comunione? Io, dopo la Amoris laetitia e anche dopo la lettera, privata ma non troppo, di Papa Francesco ai vescovi argentini, no.
«Il magistero ambiguo genera errori e confusione. Il sintomo più grave di ciò è la divisione dell'episcopato nel mondo. Può il magistero pontificio essere ritenuto tale se non è fattore di unità e comunione tra i vescovi prima e quindi tra i fedeli? Soprattutto, la caratteristica del magistero cattolico è la continuità con quello che sempre, dovunque e da tutti è stato creduto: quindi i divorziati risposati civilmente non hanno diritto alla comunione, anche perché questa non è un diritto per nessuno. Paolo a Tito ha raccomandato di attenersi alla dottrina sicura, sana e pura: attenzione a questi tre attributi».
Lei è firmatario della Dichiarazione di fedeltà all'insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio, dove si legge: «mai le unioni di due individui dello stesso sesso possono essere ritenute moralmente lecite». Come la mettiamo con monsignor Galantino che ha aperto alle unioni civili e ha affermato che Dio ha salvato Sodoma?
«È stato scritto che questa è ignoranza: spero non sia compiacimento.
Chi ha visitato il mar Morto sa che gli archeologi non sono riusciti a trovare il sito di Sodoma, tanto si è inabissato. Non si scherza con la Scrittura e con i sacramenti, per conformarsi alle mode. Dicono in Francia: chi sposa la moda oggi, domani rimane vedovo».
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