Il cinema riscopre le fiabe. Angelina Jolie si trasforma in una strega malefica e Hansel e Gretel si drogano

Le fiabe sono la felicità degli umani, esperti di infelicità. Così intorno al grande schermo si dispongono bestie spaventose, belle creature e streghe fosforescenti che si nutrono del più antico folclore europeo. Un soffio di vento favolistico scuote l'albero del racconto antico, che al cinema si veste d'una luce più scura, inebriante e cupa, predestinata agli adulti, col pretesto d'indirizzarsi agli adolescenti. È il caso di Hansel e Gretel e la strega della Foresta Nera di Duane Journey, horror per teen-agers ora in sala, dov'è il «trovarobato» del genere: una strega che, per non invecchiare, mangia giovani fiorenti, dopo averli sventrati; un labirinto minoico, dove Gretel (Molly Quinn) imita Pollicino, tra mele e caramelle, ma è soltanto una ragazza californiana, che ha spedito il fidanzato a prendere erba magica, la droga Black Forest spacciata dalla strega nel bosco (Lara Flynn Boyle). In questo terzo adattamento della fiaba dei fratelli Grimm (dopo quello del 2013, ricordiamo Hansel & Gretel, cacciatori di streghe e quello della Asylum, inedito da noi), ai bambini smarriti si sostituiscono ragazzi, che non cercano marzapane, ma marijuana. E nel nesso tra perdizione e morte emerge la radice fiabesca, anche se tale pasticcio americano, cazzaro nel titolo Hansel&Gretel get Baked, dove baked sta per cotti, cioè fatti, imbocca la strada di Twilight: stessi produttori.
C'è da attendersi di più dalla strega di Angelina Jolie, la star femminile più nota del globo, cui calza a pennello la Malefica di Maleficent, fantasy da 200 milioni di dollari dell'esordiente Robert Stromberg (dal 28 maggio). Gli zigomi che esplodono dal viso, alti e appuntiti; gli occhi gialli sul pallore madreperlaceo e un copricapo con due grandi corna nere, Angelina di angelico ha nulla. E non gliene importa che sua figlia Vivienne, quattro anni, incarni la principessina Aurora: maledizione anche per lei, 60 dollari al giorno per metterci il faccino e comprarsi caramelle con papà Pitt. Qui la Disney rivisita un suo classico del 1959, La bella addormentata nel bosco, levandogli lo zucchero e usando il punto di vista della fattucchiera. Prima di diventare arpia, Malefica viveva una vita idilliaca nel bosco. Ma quando un esercito invasore la minaccia, il suo cuore si fa nero vendetta. E la maliarda maledirà la figlia dell'invasore (Elle Fanning da grande), salvo poi comprendere che sarà lei a riportare pace nel regno.
Riuscirà Lara Croft, violenta quando, circondata da un'acida luce verde, scaglia maledizioni, a rilanciare il tessuto fiabesco di Charles Perrault, giunto fino a noi con vari adattamenti? La Disney ci conta, dopo due anni di flop primaverili, e riesuma, ampliandolo in chiave dark il personaggio di «Mal», nel '59 incarnato da Eleanor Audley. A completare il rinnovo, Lana Del Rey canta una nuova versione di Once Upon a Dream, melodia del vecchio cartone. E i sei figli Brangelina si sono divertiti, pare, vedendo la madre conciata da megera. «Spero che si veda una donna capace di molte cose, piena di qualità pur se aggressiva», spiega Angie. Sarà soave, invece, Léa Seydoux, ne La Bella e la Bestia (dal 27), kolossal francese di Christophe Gans, regista de Il patto dei lupi (ispirato alla leggenda della bestia di Héraudon) e di Silent Hill. Tocca a lei, irritata dal clamore suscitato dalla sua lesbica snob, ne La vita di Adele, domare Vincent Cassel, qui Bestia, dopo essere stato animale nel Patto dei lupi. La fiaba fu stampata, per la prima volta, in Francia, nel 1756, ma all'origine c'è Amore e Psiche di Apuleio, contenuta ne L'asino d'oro. La versione moderna più nota è quella di Villeneuve e infatti qui siamo nel 1720, quando un mercante caduto in rovina, si trasferisce in campagna con i sei figli. Tra i quali, Belle, che gli chiede una rosa. Per quel fiore, la Bestia vorrà la vita della fanciulla. E saranno sogni e castelli per i due che, conoscendosi, si ameranno.

Gans, fedele alla fiaba, si rifà alla magia di Miyazaki e a un film di Jean Cocteau del 1946. «I miei genitori non credevano alle fiabe e per questo mi hanno punito», dice Cassel. Guardandolo, mentre fa la bestia pelosa, sappiamo che opporsi alle fiabe non fa bene.

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