Sempre in cerca di nuovi spunti, per consolidare una carriera brillante e conseguente con la sua fama di bello&bravo, George Clooney infila un altro gol. Almeno sulla carta, per ora, le premesse di successo ci sono tutte, perché «gorgeous George» porterà sullo schermo una grande storia di rivoluzione e tradimento. Ambientata a Cuba, ai tempi drammatici dell’Havana presa d’assalto da Fidel Castro. S’intitola The Yankee Comandante il film che Clooney s'appresta a dirigere e a interpretare, dopo la nomination all’Oscar per Paradiso amaro e i buoni risultati de Le Idi di Marzo, thriller politico congeniale all’impegnato divo. Un thriller che non risparmiava durissimi colpi sotto la cintola al Partito democratico, di cui George si dichiara sostenitore. Che anche The Yankee Comandante prenda strade poco scontate? Non stupirebbe.
L’idea di gettare una luce nuova sulle imprese del Che e di Fidel sullo scorcio dei tardi Cinquanta,al divo brizzolato è venuta leggendo un articolo sul New Yorker (28 pagine), a firma David Grann, nuovo eroe del new journalism a stelle e strisce: The Yankee Comandante, appunto. Incentrato sulla figura di William Alexander Morgan, un americano che aiutò Castro ad abbattere il dittatore Fulgencio Batista, il corposo articolo, i cui diritti ora appartengono a Clooney, spiega come Morgan, personaggio sfaccettato e controverso, sia stato l’unico straniero a ottenere la qualifica di «comandante», insieme con l’argentino Che Guevara. Il che fa capire che lo strano tipo dovesse avere stoffa da vendere, sebbene d’incerta provenienza. E qui la storia si complica. Il boss del Fbi J. Edgar Hoover, per esempio, a un certo punto fu ossessionato da questo strano combattente. O dovremmo dire «agente all’Havana»?
Ovvio che Clooney avvertisse il carisma naturale di Morgan, molto fotografato sui giornali dell’epoca, tra i monti con Fidel e sorridente accanto al Che, a tracolla la mitraglietta Thompson. Nella primavera del 1961 Castro salì al potere: due anni dopo che Morgan si era unito alle truppe ribelli, nel cuore della giungla. Finita la rivoluzione castrista, il Time affibbiò all’«Americano» l’etichetta di «agente Usa doppiogiochista», rivelando che Morgan, in realtà, lavorava per l’intelligence a stelle e strisce. Sposato e padre di due figli, «il Comandante» intratteneva un rapporto privilegiato con Castro, il quale lo chiamava «fedele amico».
Segreti e azioni spettacolari, dunque, non mancheranno certo al nuovo film di Clooney, che lo finanzierà con il suo partner produttivo della Smokehouse, Grant Heslov. Abbonderanno anche le tentazioni del Sans Souci, il night club dove disinibite ballerine cubane si esibivano in sfrenati cha-cha, e le atmosfere dell’Hotel Capri, dove le slot-machines sputavano dollari americani d’argento. Rivivranno pure le riviste scollacciate al Tropicana, dove ospiti del calibro di Elizabeth Taylor, amante del rhum, o Marlon Brando, devoto all’esotismo, si godevano musical come Diosas de carne, «dee di carne». Alla faccia delle durezze rivoluzionarie sulla Sierra Maestra, avvolte da una leggenda che il film di George potrebbe sfatare.
Resta comunque in piedi la domanda: perché un cittadino americano ha servito la causa castrista? Forse per vendetta: Morgan raccontava che il suo miglior amico, Jack Turner, era stato ucciso dai soldati di Batista, che lo torturarono, per poi darlo in pasto ai pescecani.
Forse per altri motivi: Morgan fu fucilato dai castristi nel marzo 1961 dopo essersi dichiarato anticomunista e convinto che Fidel avrebbe instaurato una democrazia parlamentare. Chi volesse saperne di più, potrebbe affrontare la biografia The Americano (2007) di Aran Shetterly. O aspettare l’anno prossimo, quando il Comandante Yankee arriverà sullo schermo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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