Cultura e Spettacoli

Con "Il Colibrì" vola il talento di Favino

Il dramma di Francesca Archibugi è tratto dal romanzo di Veronesi

Con "Il Colibrì" vola il talento di Favino

Arriva oggi nelle sale, dopo il passaggio di ieri, in apertura della Festa del Cinema di Roma, uno dei film più attesi dell'autunno sul grande schermo. Sul quale l'Italia punta molto in termini di incassi, dopo i mesi deludenti che hanno visto, per ora, nel 2022 un solo titolo superare i 2 milioni di incasso (Corro da te). Si tratta de Il Colibrì, film diretto e sceneggiato (con Laura Paolucci e Francesco Piccolo) da Francesca Archibugi, tratto dal romanzo omonimo di Sandro Veronesi, vincitore dello Strega 2020.

Un libro «poco cinematografico» per la sua complessità. Chi pensa di ritrovare nel film esattamente ciò che ha letto nel romanzo di Veronesi, forse rimarrà deluso. E farebbe male, perché va dato merito alla Archibugi di aver avuto la capacità di mantenere un non facile equilibrio tra i vari piani temporali nei quali si dipana la vicenda dell'oculista Marco Carrera e delle disgrazie che colpiscono lui e la sua famiglia. Con il risultato che ti sembra di vedere il medesimo flusso di avvenimenti, pur su piani sfasati. Come quando si raccontano vari episodi, non necessariamente in ordine cronologico, ma legati da un filo sottile, qui rappresentato dal protagonista.

Molto del merito della riuscita del film va alla bravura di un toccante Pierfrancesco Favino il quale, soprattutto nella scena finale (chi ha letto il romanzo, sa di che cosa si tratta, ma evitiamo spoiler per gli altri), dimostra di essere un patrimonio artistico che dovremmo preservare a lungo. Gli basta uno sguardo, un movimento degli occhi, un gesto della testa per trasmettere il suo stato d'animo allo spettatore. In quanti, in Italia, potrebbero fare altrettanto?

Un giovane Marco conosce, al mare, Luisa Lattes (Bèrènice Bejo). Per varie circostanze, l'amore tra i due, nel corso degli anni non si consumerà mai, pur rimanendo vivo. Infatti Marco sposerà l'hostess Marina (Kasia Smutniak) con la quale avrà una figlia, Adele (Benedetta Porcaroli). Una vita piena di tragedie e, per fortuna, la vicinanza dello psicanalista Daniele (Moretti, fuori parte), lo aiuterà a superare le varie prove. Nel cast anche Laura Morante, nei panni della madre.

Un film potente, non facile, ma che sa ipnotizzare la platea.

Chissà se il cinema italiano, al botteghino, si prenderà la rivincita.

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