È un verdetto che allontana arte e pubblico

dal nostro inviato a Venezia

Aveva auspicato un verdetto sorprendente, Bernardo Bertolucci. E così la giuria si è abbandonata a una carambola di effetti speciali, dalla quale il cinema italiano «raffazzonato» esce inaspettatamente rafforzato. Non è un gioco di parole, ma il gioco di prestigio di questa Mostra, iniziata con la diagnosi di una produzione nostrana in cattivo stato di salute.

Il Leone d'oro a Sacro GRA di Gianfranco Rosi è, in qualche modo, una scommessa vinta dal direttore Alberto Barbera che l'ha fortemente voluto in concorso. Vince un documentario che non lo è fino in fondo e, narrando una serie di storie singolari, finisce per trasformarle in figure folcloristiche e fuori del tempo, al limite della finzione felliniana. Resta da vedere che cosa significherà questo successo per il cinema italiano, completato dalla Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile a Elena Cotta, la silente ma intensa Samira di Via Castellana Bandiera. Ci vorrà tempo per capirlo. Fin d'ora, tuttavia, si può azzardare che i premi ai due film intitolati a due strade, quasi un cinema toponomastico, difettano un tantino di respiro internazionale. E che difficilmente i risultati del box office conforteranno questo verdetto. Ancor più lontano dalla sensibilità del grande pubblico appare il resto del palmarès veneziano.

Assegnando il Leone d'argento al regista greco Alexandros Avranas di Miss Violence, premiato anche per l'interpretazione maschile di Themis Panou, e il Gran Premio della Giuria all'estenuante Stray Dogs, Bertolucci e soci sembrano aver voluto marcare la distanza dagli spettatori

delle sale. La stessa sensazione è confermata dal Premio speciale della Giuria all'insostenibile La moglie del poliziotto del tedesco Gröning. Dopo questo «sorprendente» verdetto, arte e mercato sono mondi ancor più distanti.

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