Cultura e Spettacoli

Al concertone la solita musica Ma l’Italia è cambiata (molto)

Al concertone la solita musica Ma l’Italia è cambiata (molto)

Là fuori l’Italia cambia. Ma il concertone del Primo Maggio, a Roma, è rimasto fedele a se stesso. Risultando datato. Vecchia la trovata sanremese di omaggiare i grandi del rock, da Hendrix agli Who (e solo in subordine quelli della canzone italiana, da De André a Dalla, mah...). Scontata, e dunque vecchia, la scaletta della parte di show trasmessa in prima serata da Raitre: Caparezza e Subsonica sono veterani della manifestazione. Vecchie, soprattutto, le parole d’ordine del sindacato. In un momento di pura propaganda, l’attore Francesco Pannofino, copresentatore con la comica Virginia Raffaele, ha intervistato i leader di Cgil, Cisl e Uil ottenendo solo risposte scontate: «siamo contro la violenza sulle donne», «lotteremo in favore dell’occupazione giovanile», «il lavoro non si tocca». E dire che la cronaca, volendo fuggire dalla banalità, offriva spunti a bizzeffe: i suicidi degli imprenditori, le difficoltà delle partite Iva. In particolare, la sensazione che la lotta di classe appartenga al passato remoto, visto che datori di lavoro e dipendenti oggi devono fare i conti con gli stessi problemi: la recessione, le tasse, la concorrenza globalizzata. Volendo poi essere rivoluzionari, i sindacalisti, invece di litigare con il sindaco Alemanno su chi dovrà pagare le spese di pulizia di Piazza San Giovanni, avrebbero potuto pubblicare i propri bilanci, dimostrando finalmente di non godere di alcun privilegio.
Niente di tutto questo ha trovato adeguata rappresentazione sul palco. Un’occasione sprecata. Soprattutto per i musicisti, la crema del rock «alternativo» e «indipendente» italiano. Ma «alternativo» a cosa, dal momento che si piega a baciare la pantofola del sindacato, e «indipendente» da chi, dal momento che accetta di dare lustro alle idee spesso conservatrici di Camusso, Bonanni e Angeletti? I Sud Sound System, tra i più applauditi nel pomeriggio, hanno proclamato che «i giovani disoccupati non hanno sbagliato a studiare; l’errore è della classe dirigente». E chissà se i Sud Sound System nella «classe dirigente» includono il sindacato che ha reso impossibile ai «giovani» l’accesso a interi comparti della pubblica amministrazione, la scuola e l’università a esempio, utilizzandoli come ammortizzatori sociali, imbalsamandoli all’inverosimile, battendosi per distribuire a pioggia i pochi fondi senza premiare il merito. Il Teatro degli Orrori, band d’ispirazione pasoliniana, ha tributato il suo omaggio alle donne, che sono tanto belle e non vanno maltrattate (ma dài, che scoperta...). Nina Zilli è stata protagonista del momento più grottesco della serata, quando, cantando subito dopo il Tg3, ha ritenuto di dover tranquillizzare i circa 400mila presenti: «Non sono nata ricca». Caparezza (sua l’esibizione di maggior successo) ha offerto uno show trascinante, come i Subsonica, ottenendo il massimo della approvazione con una canzone, Il dito medio di Galileo, che vorrebbe essere trasgressiva ma riduce il malcapitato scienziato a un eroe da circolo Arci di provincia («Galileo chi si oppose al tuo genio/ fu più vil del coyote nel canyon/ se la chiesa ti ha messo all’indice/ beh che male c’è tu la metti al medio»). Gli Afterhours nemmeno si esibiscono a causa dei ritardi accumulati: escono dalla scaletta forse perché un’ordinanza proibisce le esibizioni dopo la mezzanotte, forse perché il gruppo non ha gradito l’ipotesi di dover suonare senza telecamere e con la piazza che si svuota. Decisione lecita: il concertone è anche uno spottone, come ben sa lo scrittore Carlo Lucarelli. Sale sul palco, accolto da un sol grido: «Paura, eh?» neanche fosse Fabio De Luigi che imita Lucarelli e non il Lucarelli vero. Legge un brano sulle morti bianche, nel momento più profondo e giusto della giornata. Poco dopo parte la pubblicità di una trasmissione in onda su Raitre, a partire da lunedì prossimo: Lucarelli racconta. Non è un caso di omonimia.
Ligi agli ordini di scuderia sindacale anche i conduttori: citano Monti (per far fischiare la piazza), buttano lì una storiella sulla Fornero, condiscono con le solite battute su Berlusconi. In compenso, fanno saltare le imitazioni della governatrice del Lazio Renata Polverini e di Gianni Alemanno. C’è sempre la questione di chi deve pagare il conto alla fine, meglio essere prudenti.
Qualcuno ha commentato che «sembrava di essere a Woodstock».

Appunto, sembrava di assistere a una manifestazione di quasi 43 anni fa.

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