La coppia Moretti-Gaultier, una commedia per vip

Il regista presidente della giuria al Festival di Cannes e lo stilista sono agli antipodi in tutto, ma insieme catalizzano l’attenzione del gossip

La coppia Moretti-Gaultier,  una commedia per vip

Archiviata diplomaticamente la polemica femminista del gruppo La Barbe (nomen omen) suscitata dall’assenza di registi-donne in competizione («mai ci sogneremmo di fare scelte sessiste» è stata la serafica risposta della coppia Jacob-Frémaux); non presa in considerazione quella relativa a un «Festival di vecchi» (basta sfogliare il programma per rendersi conto che su 22 film in gara, 8 sono di quarantenni, cinque di cinquantenni, c’è un trentenne e un novantenne, tre settantenni e quattro sessantenni, e insomma non è un giardino d’infanzia, ma nemmeno un cronicario), così come l’esternazione morettiana, vecchia ormai di un mese e mezzo, sulla «troppa facilità» di un film come The Artist (e ironicamente gli organizzatori hanno scelto come madrina proprio quella Bérénice Bejo che di quel film pluripremiato agli Oscar era la protagonista), la vigilia della 65ª edizione del Festival offre solo due momenti di discussione.

Il primo, giudicato alto dai cinefili e noioso dai patiti del glamour, riguarda il plauso dei Cahiers du Cinéma, la Bibbia in materia filmica, di solito critico nei confronti delle selezioni canoensi. Il secondo, nemmeno preso in considerazione dagli amanti della settima arte, ma fonte di giubilo per i coloristi della carta stampata e per gli esegeti del gossip, riguarda la strana coppia rappresentata in giuria da Nanni Moretti e Jean-Paul Gaultier. Più o meno coetanei, i due sono agli antipodi in tutto, pur se hanno almeno un punto in comune. Nanni è un fan delle camicie a scacchi, Jean-Paul adora indossare il kilt. Secondo Nice-Matin, il presidente della giuria si è già insediato al Gray d’Albion e contempla la baia di Cannes dal terrazzo della sua suite di 180 metri quadrati, la stessa che durante il G20 venne occupata dal presidente cinese Hu Jintao. Si parla per lui comunque di un ritiro quasi monastico, e di uno spirito molto critico: «Spero di vedere film che non ho già visto cinquantamila volte» ha detto al direttore generale del Festival Thierry Frémaux...

Del suo giurato più cool, ovvero più modaiolo, invece non si sa ancora dove alloggerà, anche se la tendenza al lusso tipica del Fashion System fa puntare gli obiettivi dei fotografi sui grandi alberghi della Croisette: Martinez, Carlton, Majestic. Nonostante il look eccentrico e la somiglianza con Stan Laurel, l’altra metà del cielo di Oliver Hardy, Gaultier non è uno digiuno di cinema: sono suoi i costumi di molti film di Almodóvar, ha lavorato per Peter Greenaway (La cuoca, il ladro, sua moglie e il suo amante) e per Luc Besson (Il quinto elemento), è stato il costumista di Madonna.

Nel giorno d’apertura del Festival, tutta Cannes si è ritrovata sotto il sorriso e l’immagine di Marilyn Monroe, troneggiante in versione grande schermo in cima al Palais des Festivals. È una foto di Otto L. Bettmann scattata durante le riprese di A qualcuno piace caldo (lei che soffia sull’unica candelina di una torta), il film che le fece vincere il Golden Globe come migliore attrice nel 1960. Curiosamente, Marilyn a Cannes non mise mai piede, nonostante fra i registi con cui lavorò figurassero nomi come Howard Hawks, Fritz Lang, Otto Preminger, John Huston, George Kukor, Billy Wilder, professionisti che la dicono lunga su un talento d’attrice troppo spesso misconosciuto a petto, è proprio il caso di dire, della generosità del suo fisico. Per meglio ricordarla, le edizioni Tana hanno appena pubblicato Marilyn Monroe de A à Z, 200 foto, oltre 400 pagine, che campeggia in tutte le librerie cittadine.

Al di fuori della competizione, c’è grande attesa oggi per i due documentari, quello su Roman Polanski e quello su Woody Allen. Girato da un americano il primo, da un francese il secondo, offrono uno sguardo incrociato su due artisti diversissimi ma egualmente straordinari. Per aspettare il documentario di Bernard-Henry Lévy, bisognerà invece aspettare il penultimo giorno del Festival.

Pomposamente intitolato Il giuramento di Tobruk, racconta la «sua» guerra di Libia. Quella voluta da un curioso tandem rappresentato appunto dal Tartarino di Saint-Gérmain des Prés e da un Sarkozy gendarme della libertà in stile Louis de Funès. Dio li fa e poi li accoppia.

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