Nella primavera del 1944 a Ravenna, flagellata dalla Seconda guerra mondiale, soldati tedeschi delle SS trafugano le ossa di Dante Alighieri per portarle in Germania. Hitler aveva ordinato all'architetto Albert Speer di costruire un mausoleo per ospitare le spoglie di alcuni grandi scrittori. Oltre a Dante, Cervantes, Zola, Molière, Victor Hugo, Tolstoj e, possibilmente, anche Shakespeare. Il progetto che non verrà mai realizzato per la fine della guerra è delirante, ma fa parte delle paranoie del Führer. L'«operazione Dante», però, viene a conoscenza dell'Oss (Office of Strategic Services) in sostanza il sevizio di spionaggio americano durante la guerra che informa l'Ori (Organizzazione per la Resistenza Italiana), creata a Napoli da Raimondo Craveri (giovane avvocato piemontese, genero di Benedetto Croce) assieme ad altri antifascisti. Croce avvisa Manara Valgimigli, scrittore e grecista che vive a Padova, che, a sua volta, avverte monsignor Giovanni Mesini, studioso ravennate di Dante. Occorre sventare il tentativo tedesco. Con l'aiuto di un amico, il sacerdote sostituisce le ossa del poeta con quelle, anonime, prelevate da una tomba abbandonata, nel cimitero di Ravenna. Quando i tedeschi se ne accorgeranno, sarà troppo tardi: la guerra è ormai alla fine.
Quale ufficiale tedesco deve occuparsi dell'«operazione Dante»? I tentativi di salvare il patrimonio monumentale di Ravenna dalla guerra coinvolgono direttamente il colonnello Alexander Langsdorff delle SS, che scrive «al competente posto militare di servizio con viva preghiera di risparmiare Ravenna per quanto possibile e per quanto lo permettano le esigenze militari». Personaggio di notevole spessore culturale (studi a Marburgo in germanistica e preistoria, archeologo di spedizioni in Medio Oriente) Langsdorff, nazista della prima ora, colonnello delle SS e per sei anni nello stato maggiore di Himmler, lavora presso l'Ahnenerbe (Società di ricerca dell'eredità ancestrale), interessata alle reliquie del passato. Dal febbraio 1944 al 30 aprile 1945, Langsdorff dirige il Kunstschutz per l'Italia, vale a dire la struttura per la protezione dell'arte (con sede a Verona), che trafuga anche capolavori rinascimentali.
Della vicenda fino ad oggi non si è saputo nulla, a parte qualche cenno contenuto in un libretto di monsignor Mesini, I monumenti ravennati e la guerra, uscito nel 1956 e passato sotto silenzio. Ho quindi deciso di raccontare la vicenda del '44, come testimone diretto, a contatto con alcuni protagonisti, fra cui mio fratello Giorgio e mio padre Bruno.
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