Così maturò il delitto Matteotti e il fascismo fu sul punto di cadere

Matteo Sacchi

Nel terzo volume della Storia del Fascismo di Giorgio Pisanò, che pubblichiamo questa settimana (a 9,90 euro più il prezzo del quotidiano) lo storico e giornalista dà largo spazio alle elezioni del 1924, caratterizzate dalla Legge Acerbo e all'omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti che seguì. Pisanò riporta per intero o quasi i discorsi al calor bianco che vennero pronunciati alla camera sia da Matteotti che Benito Mussolini e rende conto del clima di violenze che circondò le elezioni, da entrambe le parti. Sulla morte del deputato, avvenuta il 10 giugno 1924, Pisanò prende in esame tutte le ipotesi sviluppatesi in entrambe i processi in cui non fu mai provato un coinvolgimento diretto di Mussolini. Di certo l'omicidio bloccò tutti i progetti di pacificazione politica su cui il Duce stava lavorando. E riaccese le violenze che si trascinarono per mesi.

Il 12 settembre dello stesso anno a Roma, Giovanni Corvi, al grido di «Vendetta per Matteotti!», uccise il deputato fascista Armando Casalini. Fu un passaggio delicatissimo in cui il fascismo avrebbe potuto anche cadere se le opposizioni non avessero scelto la secessione dell'«Aventino».

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