Cultura e Spettacoli

Così possiamo tornare al centro del dibattito

Fra gli ospiti del convegno Orbán, Legutko, Marion Maréchal e Douglas Murray

Così possiamo tornare al centro del dibattito

C'era bisogno dei conservatori per riportare l'Italia e la città di Roma al centro del dibattito politico mondiale in occasione della conferenza «National Conservatism» che si apre oggi nella capitale con l'intervento di Giorgia Meloni e che per due giorni ospiterà le principali personalità del mondo culturale e politico conservatore e sovranista mondiale. Non solo la leader di Fratelli d'Italia e Matteo Salvini, ma anche il presidente dell'Ecr al Parlamento europeo Ryszard Legutko, Marion Maréchal, Douglas Murray e il primo ministro ungherese Orbán, ospiti della Edmund Burke Foundation, di Nazione Futura e di importanti realtà come l'Herzl Institute diretto da Yoram Hazony con Ofir Haivry vicepresidente.

Il fatto che la nostra nazione ospiti un'iniziativa così importante, per la prima volta in Europa dopo l'evento dell'estate scorsa a Washington, significa che l'Italia ha l'opportunità di giocare un ruolo da protagonista non solo nello scacchiere politico ma anche nel campo dell'elaborazione di pensiero.

La conferenza «National Conservatism» rappresenta un'occasione importante non solo in una prospettiva estera ma anche di politica interna per la destra italiana che ha l'occasione di aprire un importante dibattito sul futuro del conservatorismo e del sovranismo nel nostro Paese.

Se ci si riferisce in particolare a quest'ultima categoria politica, sono evidenti i limiti emersi in politica estera in cui si sconta la mancanza di una precisa progettualità e di una visione del ruolo dell'Italia nello scacchiere internazionale derivante dalla liquidità del sovranismo sotto la cui egida si celano visioni non solo differenti ma spesso contrastanti. È il caso della linea da assumere nei confronti dell'Unione europea (Italexit oppure cambiare l'attuale Ue? Tenere l'euro o tornare alla lira?), delle posizioni in economia (una politica statalista oppure più liberale?) o in merito alla religione (si può essere sovranisti e al tempo stesso non riconoscere le radici cristiane dell'Europa e dell'Italia?). La principale critica rivolta ai partiti sovranisti a livello europeo è la mancanza di unità, in particolare sui temi migratori (ridistribuzione dei migranti), economici (flessibilità) e il rapporto con la Russia. Differenze che hanno portato a non riuscire a costituire un unico gruppo al parlamento europeo con il risultato che le forze di quest'area politica sono divise tra l'Ecr, l'Id e il Ppe. Una frammentazione che diventa ancor più evidente se ci si riferisce ai rapporti con le anime conservatrici e liberali, mentre sarebbe necessario sviluppare un approccio fusionista (per citare Weaver) che esalti i tanti punti in comune rispetto alle differenze.

Diventa così fondamentale da un lato attingere alla secolare tradizione del conservatorismo e dall'altro sviluppare relazioni e rapporti a livello internazionale che permettano di dar vita a una rete che si opponga alle politiche globaliste, anti identitarie e contrarie al concetto di nazione. Una rete che a livello europeo e occidentale si faccia portatrice di battaglie condivise salvaguardando i valori comuni e che operi con una sinergia tra il mondo culturale e intellettuale e quello politico.

Un modello realizzato dall'area di pensiero del «National Conservatism» che, pur partendo da una riflessione culturale di alto livello, va oltre un intellettualismo fine a stesso e dà vita non solo a un dialogo ma ad una collaborazione attiva con i leader politici accreditandosi negli Stati Uniti come una delle realtà più influenti nei confronti dell'amministrazione Trump.

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