Dai Rolling Stones a Vasco c'è chi dice no ai comizi

La band vieta canzoni a Trump come aveva fatto anche con la Merkel. Ma tutto iniziò da Springsteen e Reagan

Dai Rolling Stones a Vasco c'è chi dice no ai comizi

Mica solo Rolling Stones. La via dei comizi politici è lastricata dai no delle rockstar all'uso delle loro canzoni. Da Neil Young ai Queen, dai Guns N'Roses e agli U2 a Vasco Rossi fino addirittura ai Village People. L'altro giorno Mick Jagger, Keith Richards, Ron Wood e Charlie Watts hanno fatto spedire una bella diffida ai responsabili della comunicazione di Donald Trump che avevano inserito You can't always get what you want nella scaletta del comizio (semivuoto, come si sa) di Tulsa. Tra l'altro, il brano era già stato suonato durante la campagna elettorale del 2016 e, allora, gli Stones si erano limitati a un tweet sintetico: «I Rolling Stones non sostengono Trump». Per loro, che sono una band concreta, non è tanto una questione di ideali ma di diritti d'autore, non a caso hanno diffidato anche Angela Merkel, che nel 2005 utilizzò la loro Angie e si beccò la reprimenda: «È una canzone che parla della fine di una relazione, perché inserirla in un contesto politico?». Di certo Trump ha comunque il primato dei divieti: in pochi anni lo hanno bloccato gli Aerosmith, Adele, i Queen (per l'utilizzo improprio di We are the champions) e gli eredi di George Harrison e Tom Petty, tutti impegnati a impedire a The Donald di far ascoltare le loro canzoni durante i comizi. Anche Elton John lo ha diffidato dall'usarla propria Rocket man, ma c'è da capirlo: il brano era stato sfruttato per deridere il leader nordcoreano Kim Jong-un. Però il contrasto tra i politici e l'enorme leva popolare che possono azionare le canzoni pop arriva da lontano.

Il primo caso eclatante è stato probabilmente quello di Bruce Springsteen quando Ronald Reagan provò a far ascoltare Born in the Usa prima dei suoi comizi. Apriti cielo, anzi, apriti Boss, che lo fulminò durante un concerto a Pittsburgh, da dove, oltretutto, decollò ufficialmente l'impegno sociale e politico di Springsteen.

E se ci sono gruppi come i Rem che non le mandano a qualsiasi leader «di destra» che utilizzi i propri brani, ci sono anche altri artisti che sono meno integralisti e intervengono solo in casi estremi. Ad esempio gli Abba. Hanno detto no all'americano John McCain che nel 2008 provò a utilizzare la loro Take a chance on me durante la campagna elettorale e alla britannica Theresa May che voleva assolutamente far ascoltare Dancing Queen.

Ma si sono scatenati (bisogna dirlo: a ragione) contro il Partito Popolare Danese quando cambiò la loro celebre Mamma Mia in «Mamma Pia» per omaggiare la leader Pia Kjaersgaard.

Ma la diatriba non è soltanto internazionale, anzi. Pure in Italia ci sono stati casi eclatanti e non è solo il caso di Ivano Fossati che, dopo aver concesso la Canzone popolare alla campagna elettorale dell'Ulivo confessò di essersi pentito perché «per dieci anni non l'ho più potuta suonare in concerto altrimenti sembrava un comizio». L'ultimo caso è quello di Vasco Rossi. Gianluigi Paragone (allora) dei Cinque Stelle in un video su Facebook usò i versi di C'è chi dice no e il Blasco rispose a stretto giro: «C'è chi dice no lo dico io: i politici devono mettere giù le mani dalle mie canzoni». Ma il primo è stato forse il più eclatante, ossia quando Francesco De Gregori rispose a Bettino Craxi che aveva utilizzato Viva l'Italia nei comizi del Psi e, nella canzone La ballata dell'uomo ragno cantò «è solo il capobanda ma sembra un faraone. Si atteggia a Mitterrand ma è peggio di Nerone». Un po' esagerato.

Comunque il confronto tra pop e politica non è per nulla raro. Negli States scoppia a ogni campagna elettorale. Qui in Italia quasi. Però anche questo confronto è una forma di propaganda perché, per entrare nei dettagli, bisognerebbe distinguere tra semplice utilizzo del brano e sincronizzazione.

Ossia, se il brano viene trasmesso e ne vengono pagati i diritti, nessuno può impedirlo. Ma, se viene «sincronizzato» con parole o slogan del comizio, allora sì. Insomma, roba per avvocati. Nel frattempo, politici e rockstar continueranno a litigare come da copione.

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