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Dark, il paradosso dell'esistenza: l'uomo padrone del proprio destino

La serie tv targata Netflix è un vortice che mette al centro l'impossibilità di scegliere il proprio destino. E la certezza che spazio e tempo sono concetti prettamente umani

Dark, il paradosso dell'esistenza: l'uomo padrone del proprio destino

La medaglietta di San Cristoforo col Bambino accompagna tutti i "viaggiatori". Passa di mano in mano, attraversano lo spazio-tempo e valicando il confine che separa realtà diverse. È in questa oscillazione di particelle, che modifica passato, presente e futuro creando soluzioni parallele, ch si dipana il paradosso di Dark, serie targata Netflix giunta alla terza e ultima stagione. È il paradosso stesso dell'uomo che crede costantemente di essere padrone del proprio destino, di poterlo cioè forgiare con le proprie scelte. Il risultato è una vacua illusione che complica sì la realtà ma che la riporta sempre al punto di partenza. Sempre uguale a se stessa.

Dark è innanzitutto un viaggio. Un viaggio nel tempo e nello spazio per scansare il male che è di questo mondo. Ogni gesto, però, ha conseguenze inevitabili che, come nel domino, finiscono per cambiare la realtà e renderla sempre uguale a se stessa. Nasce tutto da una serie di rapimenti, bambini portati via dalle loro famiglie che abitano in una desolata cittadina tedesca, Winden. Nelle prime battute la serie tivù, creata da Baran bo Odar e Jantje Friese, trae in inganno. Può tranquillamente apparire uno dei tanti thriller che si trovano sulle piattaforme di streaming. Ma non è così. Perché un "incidente" ha aperto nelle grotte del paese un varco temporale che permette di attraversare la realtà. Sic mundus creatus est. Questa la dicitura sulla botola che fa viaggiare avanti e indietro nel tempo, di trentatré anni in trentatré. È lì che va a infilarsi Mikkel, il figlio del commissario di polizia Ulrich Nielsen, finendo proiettato nel passato e contribuento così a cambiare il presente. Un presente da cui lui stesso fuggirà togliendosi la vita con una corda attorno al collo e lasciando il figlio Jonas davanti a un'esorabile verità: la realtà non è quello che sembra. Inizia così un "inseguimento" che finisce per creare due schieramenti opposti, uno che risponde ad Adamo e uno a Eva. La luce contro le tenebre. E un fil rouge a tenerli insieme: l'amore tra Jonas e Martha. "Siamo fatti per stare insieme - le assicura lui - non credere mai che non sia vero". D'altra parte, come spiega un altro capolavoro sull'inconsistenza del concetto tempo, Interstellar di Christopher Nolan, "l'amore è l'unica cosa che trascende dal tempo e dallo spazio".

Tutto in Dark è perfetto. A partire dalla sigla, un caleidoscopio di immagini sulla canzone Goodbye degli Apparat. Il gioco di specchi è una costante che, più si complica nel corso della storia, più riflette l'impossibilità di ricomporre il puzzle e tornare all'origine. Per Adamo questa non può che arrivare attraverso l'Apocalisse, il collasso dell'esistenza per poter tornare all'inizio. Per Eva, invece, è il ciclico ritorno delle cose, il ripetersi all'infinito del reale. I due danno così vita a una guerra che non si dipana solo in tempi differenti, ma anche in due mondi paralleli che si toccano solo nel concepimento di un bambino. Tutt'intorno un'infinità di possibilità che finiscono poi per polarizzarsi sempre. Esattamente come con una moneta da un penny, esattamente come nel paradosso del gatto di Schrödinger. Finché la moneta non cade o finché la scatola non viene aperta, la sovrapposizione degli eventi ci porta a ipotizzare che tutto può essere. È lo stesso legame che sta alla base dell'entanglement (letteralmente, in inglese, "groviglio, intreccio", lo stesso significato, in tedesco, di winden) quantistico, ovvero la presenza controintuitiva di correlazioni a distanza che possono, appunto, moltiplicarsi all'infinito. Ma si tratta di un paradosso. Al centro di tutto c'è, infatti, un nucleo impazzito le cui regole - la fisica lo insegna - non valgono per i sistemi macroscopici. Questa è la "particella di dio" che, alla fine, annienta qualsiasi (utopica) possibilità di controllare il proprio destino.

Diceva Schopenhauer: "È certo che un uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere ciò che vuole". Per questo, Jonas e Martha non potranno che fare un passo indietro. Per risalire all'origine, ovvero al nodo che ha creato i due mondi paralleli, dovranno sanare la ferita di Tannhaus, lo scienziato che per rimediare alla morte del figlio in un incidente automobilistico crea la prima macchina del tempo, e rinunciare al proprio amore.

Lì, dove tutto si è creato, c'è un buco nero in cui tempo e lo spazio si accartocciano e perdono di ogni significato.

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