Doninelli ha pesato le parole per rimettere in linea la vita

Confessione di un ex grasso che ingolfava di "significati culturali" i suoi eccessi. Per nascondersi a se stesso

Doninelli ha pesato le parole per rimettere in linea la vita

Non è stato il fiato grosso, né il sesso che a un certo punto appare minuscolo. Non sono serviti i rantoli, gli attacchi di panico, il sudore copioso, l'ernia ombelicale, il sentirsi poco desiderabili e quindi poco desideranti, l'appuntamento con l'infarto, le scarpe sfondate, le magliette sbrodolate, lo spavento di guardarsi allo specchio e nemmeno il sentirsi offeso dagli sguardi altrui. È stato il fatto di iniziare a stare bene nel male. Perché l'obesità, come tutti gli altri peccati contro il corpo, cela un male morale endemico: la non-curanza, l'in-curia. Prima di essere grassi, si è negligenti. «A quel tempo, tendevo a dare un significato culturale quindi positivo ai miei eccessi, e cominciai a dimenticarmi del mio corpo. Fu questa dimenticanza a condurmi all'obesità. Non mi amavo, non mi tenevo presente, non avevo a cuore me stesso».

La dieta sono io. «Come ho perso 50 chili. Definitivamente», di Luca Doninelli (La nave di Teseo, pagg. 157, euro 17) è un libro sulla dieta, ma non è assolutamente un libro sulla dieta. È l'anatomia di una dipendenza, la più bistrattata, quella nei confronti della quale si è meno disposti, chissà perché, a concedere indulgenza. Il cibo, scadente per di più, è la droga dei poveracci. Un tempo no: il ricco era grasso, il povero era magro. Poi, l'inversione di tendenza. Il libro è una lucida, spietata presa di coscienza di una lesione perenne. Perché se è vero che si può dimagrire (anche di 50 chili) è altrettanto vero che non si può smettere di essere obesi. «L'obesità è un tentativo di far sparire il proprio corpo. Il corpo dell'obeso si è autoescluso. L'obeso è una triste sommatoria di solitudini».

Mette da parte le scuse, Doninelli, o almeno lo fa a un certo punto della propria vita. Smette di attaccarsi alla costituzione robusta, al metabolismo poco gagliardo, alla sfacciata pasticceria sotto casa o alla seduttiva focaccia al formaggio, agli amori falliti, al senso di sconfitta che pure gioca un ruolo fondamentale nell'autodistruttiva decisione di sparire diventando immensi. Perché sì, l'obesità è un tentativo di far sparire il proprio corpo. Prende le distanze da se stesso, Doninelli, si guarda da una delle finestrelle di realtà indispensabili per spiare il prossimo che noi stessi siamo. Scende nell'imbarazzo, nel disagio, nel malessere, ritocca il fondo di quando la bilancia era alle stelle (è arrivato a pesare 140 chili). Fondo... altra parola fondamentale nell'anamnesi di un obeso. Perché l'obesità non nasce in un buon ristorante, è piuttosto una storia di sugo raddensato che giace, quello che resta da grattare in fondo alla teglia delle lasagne, il fondo della pentola dell'arrosto, il brasato attaccato al fondo del tegame, il fondo del sacchetto unto, l'unto illegale, le briciole delle patatine, i fondi di zucchero delle merendine. Dopo un po' tutto acquista lo stesso sapore, un «sapore di fondo» come i rumori di fondo che ottenebrano l'udito. E il corpo si mortifica, si dilata, smette di parlare e di farsi capire.

Perché ormai l'anima è l'inquilina insoddisfatta di un corpo che non riesce a identificare come la propria casa. Il cibo è una dipendenza che si preclude piaceri veri: il sesso, una passeggiata con il fiato tranquillo, alzarsi agevolmente da una poltrona, respirare... «L'obeso è un individuo che ripete un'azione per allontanarsi da un potere che odia ma che egli crede di amare». Passa in rassegna tutte le diete della sua vita, l'autore: i dimagrimenti, l'euforia per l'ananas, i beveroni, i chili ripresi con gli interessi, la depressione, il Lexotan, l'analisi. Perché niente serve fino al giorno in cui, all'improvviso, con una scusa, pensi di essere finalmente la persona giusta per l'impresa giusta. Perché perdere 50 chili è un'impresa, e «le grandi imprese hanno bisogno di tutto ciò che siamo, anche della parte peggiore di noi».

Il giorno in cui Doninelli si è sentito la persona giusta è stato nel marzo 2016. Complice una dietologa-endocrinologa (il rapporto col dietologo è fondamentale), Raffaella, dai modi spicci, dall'aspetto gradevole e capace di vera simpatia umana. Capace di non inorridire davanti al suo corpo eccessivo e soprattutto di non rivolgerli la più odiosa delle domande: «Ma come ha fatto a ridursi così?». Dieta chetogenica, di questo si è trattato per Doninelli per tornare alla vita. Di questo e di 27 mesi in cui dimagrire è stato il suo lavoro. Si tratta di un regime che non si basa sul conto delle calorie, ma sull'eliminazione di alcune sostanze come grassi, dolci, carboidrati, latticini, carote, cipolle. Ma non è questo... È che Doninelli ha fatto pace con il suo corpo e ha dovuto persino concedergli una superiorità rispetto alla testa.

Il corpo è più intelligente della mente. Certo, non quando è nascosto e muto. Allora è solo fascista con se stesso e pavido davanti al mondo.

Ma basta aprire quella finestrella di senso, dargli il primo sollievo, la prima speranza e poi è lui, a guidarti.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica