Cultura e Spettacoli

Donne, poesia, alcol ed ira Ritratto di Modigliani a Parigi

Le conversazioni con la musa Lunia, i versi di Verlaine declamati con la Achmatova, i primi falsi già in vendita

Donne, poesia, alcol ed ira Ritratto di Modigliani a Parigi

La copertina era ad effetto, con quel titolo Modigliani vivo e la foto di lui formato permis de séjour, sguardo «imperdonabile» e barba incolta. Su quella barba proprio in una foto ufficiale Modì, sempre rasato, scherza con Giulio Toffoli, anche lui del «commando» di artisti stranieri a Parigi, seduti su una panchina di boulevard Montparnasse. Siamo nel maggio del 1915, l'Italia è entrata in guerra ed entrambi sono stati riformati. Amedeo Modigliani di Livorno (1884-1920), bel giovane minato dal mal sottile, ci ha provato solo sette mesi prima ad entrare come volontario nell'esercito francese e non può o non vuole sapere che in Italia non tornerà più. Toffoli gli chiede quella foto e anni dopo la venderà a Scheiwiller, promesso editore del libro invece uscito per Fògola nell'81 con rammaricata prefazione del figlio Vanni. Testimonianze introvabili e lettere inedite, «lacerti» di racconti sulla vita parigina di Modigliani dalla penna di mercanti, modelle e forse amanti, colleghi e compagni di bistrot. Documenti, ma che scorrono come un romanzo e dietro oltre un decennio d'indagini di un artista e appassionato studioso, Enzo Maiolino scomparso lo scorso novembre a novanta anni. Un «detective dell'arte», lo intuisce subito anche Jeanne, figlia di Modigliani (1918-1984), storica dell'arte in lotta contro la leggenda dell'artista maudit (pericolosamente omofono del diminutivo Modì scelto dai montparnos) a favore di un approccio scientifico al suo talento. Non solo autorizza Maiolino a pubblicare ma, «quanto a possibili nuove testimonianze, io resto ben inteso, a sua disposizione». Con nomi e indirizzi sui superstiti, da Parigi alla Costa Azzurra e ritorno: le sue lettere all'autore sono una novità della riedizione di quel libro con il titolo Modigliani, dal vero (De Ferrari, a cura di Leo Lecci dell'università di Genova che ha finanziato il progetto). Insieme alla trascrizione dei documenti originali in francese che comprendono lettere dall'archivio Scheiwiller, oggi presso il centro Apice dell'università di Milano.

Il primo vero amico parigino di Modì è Paul Alexandre, medico collezionista. Si vedono quasi tutti giorni dal 1908 alla mobilitazione e Alexandre ne ascolta le angosce, ne ammira le doti, salva carnets e studi dalle sue furie. Ne nasce una collezione completa di disegni e dipinti (sconosciuta prima dell'esposizione a Palazzo Grassi del 93) con il valore aggiunto della continuità: «Gli stati successivi di un artista... alla ricerca del suo proprio stile». Dal 14 è Paul Guillaume a rivendicare il titolo di primo mercante e unico acquirente dell'artista suo ospite in uno studio di Montmartre, mentre i sedicenti amici allora «ridevano dei suoi disegni». Lui «passò come una meteora, fu tutto grazia collera e disprezzo», un pittore poeta che amava e giudicava la poesia e piaceva ai poeti. Ma se con Blaise Cendrars poteva finire in una sbornia colossale con tuffo nella Senna tra i lazzi delle lavandaie, chi era per Modigliani Anna Achmatova? Seduti su una panchina dei giardini del Lussemburgo recitano a due voci sotto la pioggia i versi di Verlaine ed è lui a farle conoscere «l'autentica Parigi». La scruta in sedici ritratti che lei credeva persi e che riemergeranno nella collezione Guillaume. Sono i soggetti ritratti a somigliare ai modelli e non viceversa.

Modigliani è un pittore dell'anima, prima di ogni posa fa «un'inchiesta sotto forma di conversazione» (Survage), unico nel rappresentare persone uniche che guarda negli occhi. In una tensione nervosa che spezza con sorsi di alcool, costretto a fermarsi come un «corridore senza fiato». La linea è continua, perfetta nella sua sinuosità diafana e sensuale, come solo i pittori senesi osserva il pittore a Parigi Renato Paresce. Impermeabile alle avanguardie tra cui vive, Modigliani a Picasso chiede come fai a far l'amore con un cubo. Solo ritratti e nudi, rinuncia alla scultura che pratica quasi fino alla guerra, lo osserva ancora Rosso Rossi dirimpettaio scolpire all'aperto sotto la canicola alla Cité Falguière. Forse le teste esposte al Salon des Indépendants nel 1911. La fatica fisica, la polvere di pietra a taglio diretto che gli si ficca nei polmoni. Ma quella resterà per lui la chose, il grande rimpianto e forse la causa vera del cupio dissolvi. «Il giovanotto era povero», ma per Pablo nessuno a Parigi sa vestirsi come lui. Max Jacob ricorda le camicie a quadri e il completo di velluto largo alla maremmana, Modigliani gli schizza un ritratto e dedica «a mio fratello, teneramente». Ha sempre Dante in tasca, ferma gli amici per strada e lo declama. Di conversazioni senza fine sul mondo «incessantemente fatto e disfatto» scrive Lunia Czechowska, modella di 14 ritratti e amica di una vita, dal suo abitacolo in un tetto della vecchia Nizza. Le sono state spesso offerte grosse somme per falsificare copie e lei del resto conosce «buoni falsi» in America e a Parigi. Ne ha visto uno superbo in una Galleria di Cannes. Avverte: «Presto il numero dei falsi Modigliani supererà quelli veri».

Pecca d'ingenuità, già negli anni '30 Margherita Modigliani scriveva a Scheiwiller che «a Parigi ce ne deve essere una fabbrica» e gli segnala uno Studio a Tunisi dove il fratello non è mai stato. Sono piene di gratitudine le lettere dei Modigliani all'editore milanese: cultore solitario di Modì, quando ancora la critica nazionale scriveva di «colli allungati come quelli degli struzzi», volti come visti da un astigmatico e «ritratti femminili dalle pose statiche e volgari», pubblica a sue spese la prima monografia in Italia nel 27. Nell'estate del 1918 su Parigi volano gli aerei tedeschi e Modigliani è a Nizza, sulla Promenade des Anglais malvestito e fiero «porta a spasso nel sole la sua miseria» (Bertin). Frequenta i caffè di piazza Massena, ritrae chiunque si presti e con altrettanta foga Zborowski, l'ultimo mercante, cerca di «rifilare» per pochi franchi i suoi quadri. Sembra sempre un correre incontro a un destino, alcol e droga in sfregio alla tubercolosi. Come quando Alberto Magnelli agguanta Modì, in trance verso un tranvai. L'incontro di Maiolino con Paulette Jourdain avviene nel luglio del 69 nella casa di lei a Montecarlo: «la petite Paulette de Zbo» abita presso Zborowski ed ha quattordici anni quando posa per il ritratto battuto recentemente da Sotheby's per circa 43 milioni di dollari. Allo studio in rue de la Grande - Chaumière Paulette si siede con le mani in grembo e a Modigliani sta bene, le fa delle domande e ride alle risposte che lei non ricorda. Ma ricorda la voce e che il Ritratto di Mario ha il colore ancora fresco quando Modì viene portato all'Ospedale della Carità. Modigliani vivo è stato continua fonte di citazioni in saggi, biografie, cataloghi italiani e stranieri, né sono mancati disinvolti «saccheggi» su cui in questa riedizione si fa il punto.

Il mito di Modigliani nasce a Parigi mentre lui muore, che la compagna Jeanne Hébuterne incinta del secondo figlio si sia buttata dal quinto piano rientra nel finale tragico del romanzo che i documenti raccontano.

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