«Vado in tv, ma a fare me stesso. È la mia vita, il mio lavoro. Alla fine ho solo fatto un lungo colloquio di lavoro, per trovare un valido collaboratore per il mio gruppo». Alto e cotto dal sole, con immancabili lenti degli occhiali azzurre e pappagorgia d'ordinanza, quella che porta con nonchalance, perché in fondo essa è l'equivalente di ciò che la gotta era per i benestanti dell'800: il segno distintivo del benessere. Flavio Briatore parla come un Vasco Rossi del nord-ovest, dice pane al pane, lavora come il fior di imprenditore che sa di essere e, oggi, si permette anche di inventarsi una nuova professione: la star televisiva. Il più volte campione nel mondo nella Formula Uno, l'inventore del Billionaire e solleticatore del turismo «a 6 cifre» in terra sarda sarà infatti il boss incontrastato di The Apprentice, il talent show imprenditoriale al via martedì prossimo su Cielo (Dtt canale 26 e Sky canale 126) in prima serata. Titolo e format sono gli stessi dell'omologo show Usa, un talent sul mondo del business giunto alla 12a edizione e affidato al volto del self made man per eccellenza Donald Trump. Il nostro Trump, par di capire, è Flavio Briatore. Dal 18 settembre ogni settimana su Cielo, aiutato dai collaboratori Patrizia Spinelli (da 20 anni suo fedele braccio destro) e dal consulente internazionale Simone Avogadro di Vigliano, Briatore giudicherà e analizzerà i comportamenti imprenditoriali di 16 giovani scelti tra oltre 5000 candidati, suddivisi in due squadre e sottoposti a prove di business, creatività e gestione. E come gli highlander, si sa, ne rimarrà solo uno. Costui (in realtà già c'è: le puntate sono state registrate tra primavera e estate scorsa a Milano soprattutto ma anche in altre location italiane) verrà assunto alla corte del Super Flavio. Insomma, The Apprentice - dopo X Factor e Masterchef la terza produzione in casa con adattamento italiano di un format straniero per Sky, la prima per Cielo - è il talent che intende invertire il trend, tanto per ricorrere a una terminologia ad hoc. Briatore stesso lo spiega: «Il paese è depresso, si ritrova un governo pieno di facce lugubri, son tutti con l'aria come se gli fosse morto un parente. Sono riusciti a far perdere il turismo italiano, a far scappare le barche dalla Sardegna, tutti quei russi e quei turchi, che infatti se ne sono andati in Croazia. Quest'estate è stato un dramma, c'è stato il calo del 40% in Sardegna e in Toscana. Si sono inventati regole che valgono solo qui, inesistenti nel resto d'Europa. Se uno vuole spendere più di 3500 euro in una sera deve esibire il passaporto. Ma io il Billionaire non lo chiudo: non mando a casa duecento persone». Sì ma The Apprentice che c'entra? Ecco la risposta: «Per questo programma mi sono ritrovato davanti giovani ottimisti, opposti al pessimismo generale che c'è in Italia - spiega Briatore -. Ragazzi che non vogliono farsi condizionare dallo sconforto che scende a piramide su tutti noi dalla classe dirigente. Sono giovani che credono nella meritocrazia, che sfidano una società, la nostra, dove trionfa la gelosia sociale e dove si pensa che se uno ha fatto i soldi qualcosa sotto di marcio deve pur esserci».
Lectio magistralis di filosofia americana? «Ecco, lì puoi anche fallire e ricominciare. Qui se fallisci come imprenditore sei marchiato a vita». Sulle meccaniche dello show, Briatore giura: «Non ho avuto interferenze, ho individuato il migliore meritocraticamente, non per telegenia o spendibilità mediatica. Le logiche della tv sono rimaste fuori. Il risultato è dunque vero». E a chi gli ha fatto notare che servirebbe un The Apprentice anche in Formula Uno per scovare piloti italiani ha risposto che: «Sì servirebbe, anche per dimostrare che si può correre spendendo il 30% in meno... Però in questo caso lo produrrei io il programma»...
Insomma, un Briatore a tutto tondo. E qui e là gli interventi polemici di Mr. Billionaire sembrano quasi una discesa in campo: non è che in Kenia quest'estate con l'amico Silvio... «Macché, il presidente non faceva vacanze da 10 anni, si è rilassato una settimana da me in Africa - rivela Briatore - Abbiano anche parlato di politica, ma non di strategie politiche».
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