Cunicoli, cemento armato, telecamere, pareti che si muovono, ascensori, impianti di areazione che mantengono ventilati cubicoli corazzati. La stanza di una villetta che scorre su dei binari per nascondere l'ingresso di un rifugio inattaccabile. Non sono immagini rubate dai bunker della Corea del Nord o dai rifugi di al-Qaeda. Si tratta di fortezze del sottosuolo che stanno a Casal di Principe, Gioia Tauro, a Platì, a Rosarno. La caratteristica di questi luoghi è che la mafia e la camorra sfruttano ogni anfratto per sfuggire allo Stato e, contemporaneamente, controllare il territorio. Insomma, si tratta di un viaggio in posti che non avremmo mai dovuto vedere. A realizzarlo con un documentario intitolato Mafia Bunker (oggi alle 21 su History, canale 407 di sky) è un professore di storia, di nome John Dickie (docente all'Università di Londra e autore di Cosa Nostra - Storia della Mafia Siciliana e Onorate Società, editi in Italia da Laterza).
Un lavoro realizzato attraverso materiali d'archivio inediti e un accesso esclusivo alle «tane» dei boss offerto dalle nostre forze dell'ordine. Come ci spiega Dickie, da un lato «il fatto di nascondersi sotto terra è una prova del fatto che i boss devono giocare sulla difensiva... è un grande cambiamento». dall'altro: «Michele Zagaria ha costruito almeno due vasti bunker sotto Casapesenna. A Platì gli 'ndranghetisti hanno sventrato la strada principale, come se fossero operai del Comune, per realizzare una galleria sotterranea... Imprese del genere non si possono realizzare senza esercitare un'impressionante autorità sulla popolazione». E dal documentario in cui Dickie evita ogni personalismo, emergono le testimonianze di molti di quegli agenti di polizia e magistrati che lavorano nell'ombra in quella che è una vera e propria guerra di intelligence.
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