Mica facile scrivere l'autobiografia di una vita da romanzo. Elton John ci è riuscito ma chissà che fatica ridurre mezzo secolo di eccessi, follie, incontri pazzeschi e successi epocali in un solo libro. Basta sfogliare a caso Me: Elton John (che esce per Mondadori il 15 ottobre tradotto da Michele Piumini e Valeria Gorla) per trovare pagina dopo pagina la storia del rock, quella del costume e quella della liberazione sessuale in un ritmo da musical, talvolta un po' barocco ma, accidenti!, in un copione così ci sta bene anche un po' di enfasi. D'altronde nella vita di Elton John vale tutto. Se incontri Elvis Presley a un concerto a Washington e ti rattristi davanti alla sua decadenza ma poi mandi a John Lennon una nuova versione di Imagine per prenderlo in giro, beh, vuol dire che non ti sei fatto mancare proprio nulla. «John e Yoko (Ono - ndr) erano pessimi come me quando si trattava di shopping», scrive lui dopo aver ricordato di avergli regalato un orologio a cucù con un pene che usciva fuori a ogni ora. John Lennon aveva tanti appartamenti pieni di opere d'arte, mobili antichi, vestiti costosi. Così, per stuzzicare il compagno di shopping, Elton John gli mandò un bigliettino con i versi della nuova Imagine. La metrica è rispettata, il senso no: «Immaginati sei appartamenti, non è difficile da fare, uno è pieno di pellicce, un altro di scarpe». Insomma, è uno dei tanti episodi che la superstar ha tirato fuori dal cappello magico della sua vita. Dopotutto, la vita di Elton John non ha bisogno di essere riassunta nei dettagli fondamentali perché la conoscono tutti: londinese, 72 anni, 400 milioni di dischi venduti, maestro della provocazione, pianista funambolico, cantante istrionico, fondatore di una delle organizzazioni no profit più grandi del mondo (la Elton John Aids Foundation) e autore di brani come Crocodile Rock o Don't go breaking my heart che chiunque riconosce alla prima nota. Tutto il resto è leggenda. Come quando lui, invitato dai Rolling Stones a eseguire con loro il brano Honky tonk women su di un palco in Colorado, era così fatto di cocaina che non voleva più andarsene: «Decisi che l'esecuzione stava andando bene, quindi mi sarei trattenuto sul palco e avrei improvvisato per il resto del concerto». Poi però ha capito che no, era meglio andarsene. «Per un momento ho pensato che Keith Richards mi stava guardando perché impressionato dal mio brillante contributo (...). Dopo pochi secondi ho finalmente realizzato che l'espressione sulla sua faccia non suggeriva un apprezzamento musicale». In sostanza, era ancora abbastanza lucido da andarsene in fretta e furia prima di essere buttato fuori a calci. Così, aneddoto dopo aneddoto, in viene fuori un circo Barnum di esagerazioni, follie e buoni sentimenti che trasformano Reginald Kenneth Dwight in arte Elton John nel paradigma della rockstar. Durante una festa nel giardino di casa sua, era così alterato dalla cocaina da scambiare Bob Dylan per il giardiniere, ma lo scrive dopo aver ammesso che sniffare è stato «l'errore più grande della mia vita». E che questo straordinario performer abbia un cuore altrettanto sensibile lo confermano le pagine sulla morte di Ryan White, il ragazzino che contrasse l'Hiv da una trasfusione e che fece scintillare all'artista la volontà di costituire la Elton John Aids Foundation che finora ha raccolto oltre 150 milioni di dollari poi distribuiti in 55 paesi del mondo. Chapeau.
Però, oltre alle facciata di lusso e successo, anche questo londinese amico di Lady Diana e padre di due bambini adottivi (uno dei quali dolcemente schiaffeggiato a un evento pubblico dalla regina Elisabetta perché era scalmanato e «non devi discutere con me, sono la Regina!») ha attraversato le sue porte di dolore. La perdita degli amici, come quella di Gianni Versace del quale racconta, tra l'altro, di come scherzosamente considerasse Prada una comunista perché aveva disegnato una borsa di nylon. E la malattia. Dopo un intervento per rimuovere un cancro alla prostata, fu vittima di una infezione che lo spinse a un centimetro dalla morte: «i medici dissero a David Furnish (suo marito, anche in questo Elton John è stato un apripista controcorrente - ndr) che ero a 24 ore dalla morte».
Ora invece la più glamour delle vecchie rockstar è a pochi passi dal traguardo, visto che è in giro per il suo tour d'addio, che è lungo, lunghissimo perché a una storia così è proprio difficile mettere il punto finale. Al massimo, si va a capo.
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