Cultura e Spettacoli

Epopea di due sorelle nel Brasile maschilista

di Karim Aïnouz con Carol Duarte, Julia Stockler, Gregório Duvivier, Barbara Santos

Ha vinto il premio come Miglior Film della sezione Un Certain Regard, di Cannes 2019, tanto che il Brasile ha deciso di candidarlo ai prossimi Oscar. Di solito, davanti a simili «Palmares» si dovrebbe titubare, visti i precedenti. Però in questo caso è tutto meritato. Un bel melodrammone, vecchia maniera, sul tema della sorellanza, che accompagna lo spettatore per oltre due ore e che sviluppa diversi temi intorno alla storia delle due protagoniste, Guida (Julia Stockler) ed Eurídice (Carol Duarte). Siamo a Rio de Janeiro, nel 1950, e le due ragazze, di carattere differente, vivono con i genitori conservatori. Guida, la maggiore, stanca delle regole imposte dal padre, decide di seguire, in Grecia, un marinaio che la mette incinta e la lascia. La minore, intanto, sogna di diventare una pianista professionista, ma il matrimonio e il restare incinta sembrano precluderle la strada artistica. Guida torna a casa, come se niente fosse. La madre la abbraccia, il padre, schifato, la caccia brutalmente da casa, dicendole, mentendo, che la sorella è partita per Vienna per studiare piano e che non vuole più saperne di lei. La ragazza, dopo aver partorito, si trova a dover allevare il suo bimbo in mezzo alla povertà, tra mille difficoltà, consolandosi con l'invio di lettere alla sorella minore che, in realtà, non vengono mai recapitate. Separate a loro insaputa le due giovani, che si sono sempre sostenute, affronteranno da sole i problemi della vita. Cosa riserverà loro il destino? La divisione di classe, il destino ineluttabile scelto dagli altri, i recinti ideologici nei quali venivano confinate le donne brasiliane, padri che sono padroni, mariti che sono degli inetti. C'è tutto questo e molto di più nel film, a tratti commovente, diretto molto bene da Karim Aïnouz. Tratta dal romanzo omonimo di Martha Batalha, la pellicola poggia sulla intensa interpretazione delle due protagoniste, che gareggiano in bravura, coinvolgendo emotivamente chi è seduto in platea nelle loro peripezie esistenziali.

Un racconto epistolare, tradotto in immagini, che trasuda dignità, esaltando il potere del ricordo.

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