Esce il primo Ep di Simone Pittarello

Il polistrumentista padovano esordisce con "Sale e Gioia", contenente 4 brani

Esce il primo Ep di Simone Pittarello

Simone Pittarello, polistrumentista padovano (batteria, basso, chitarra, pianoforte e tastiere, tromba, percussioni e voce), esordisce con l'EP “Sale e Gioia” (Universal/Palbert), contenente 4 brani.

La storia di Simone è però legata a doppio filo con quella della sua voce. Nasce batterista, turnista e docente, e contemporaneamente suona in una band. Una sera, sul palco, il cantante del suo gruppo muore, fulminato da un aneurisma. Questo evento colpirà molto intensamente il diciannovenne Simone, che dopo un periodo di forte ansia perde quindici chili, e soprattutto perde la voce. Senza alcun motivo fisiologico.

Sarà l'approfondimento dell'opera del grande Demetrio Stratos che gli aprirà un vero universo, spingendolo ad una approfondita ricerca sulla vocalità, non già come mezzo canoro, ma come aspetto puramente espressivo e vitale.

Lo studio di Pittarello sulla voce – supportato anche da ricerche parallele, dalla psicanalisi all'antropologia (la musicalità delle civiltà antiche), dalla linguistica alla logopedia - costituirà di fatto una sorta di opera di archeologia atta a recuperare qualcosa di perduto: ovvero la propria Parola, intesa come mezzo di comunicazione e di creazione. Che solamente in seguito verrà ricondotta su un aspetto artistico e canoro.

La musica di Simone, rigorosamente accordata sul “La verdiano” (ovvero a 432 kHz, un La “naturale” in opposizione a quello convenzionalmente accettato a 440), ricorda ad un primo ascolto quella di un Chris Cornell o di un Jeff Buckley più “europei”, quasi si trattasse di un cantautorato americano ricontestualizzato in chiave europea e soprattutto italiana, grazie a stilemi che vanno da quelli della tradizione classica a quelli dell'operetta, passando per la ballata autorale e il folk e la melodia italiani: un percorso che ricorda, in senso inverso, quello compiuto da Tom Waits negli anni ottanta (ascoltare “Occhi di Falce”, sull'EP, e non sentire attinenze con l'approccio del genio di Pomona è davvero difficile). Quello che però colpisce in Pittarello, e che a suo modo ne rappresenta un marchio di fabbrica, è il costante ricorso alla sorpresa armonica.

Ma “Ricorso” è termine improprio, perché non si tratta chiaramente di un escamotage ma piuttosto del risultato del costante flusso di coscienza che passa dall'inquietudine alla riflessione e viceversa, sempre però sul filo della tensione emotiva.

E, sempre nel nome di questa tensione, la scrittura non è quella di uno storyteller, ma piuttosto quella di chi cerca – e grazie alla propria espressione, vi riesce – di rapportarsi col “Sè altro”: testi intrisi di simbologie, visioni e immagini, dialoghi di

Simone con Simone alla ricerca di soluzioni, di risposte, che non si limitano però all'esperienza che li ha generati, ma – grazie all'aspetto simbolico – si rinnovano di volta in volta dando altre risposte ad altri quesiti.

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